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IL CLAN

Ultimo aggiornamento 20 Agosto 2024

SESSANT’ ANNI FA NASCEVA
IL CLAN CELENTANO

Articolo del mio collega e amico Michele Bovi

IL LITIGIO CON LO SVIZZERO
WALTER GUERTLER

Il Clan Celentano, la prima casa discografica italiana che ha fatto capo a un cantante, scaturì da un furibondo litigio nato proprio in questi stessi giorni nell’ estate di sessant’ anni fa.

Due gli antagonisti. Uno era Adriano, che nella prima settimana di agosto del 1961 aveva assolto gli obblighi della leva militare ed era atteso in Versilia per esibirsi, accompagnato dal gruppo I Ribelli, nel più importante locale della penisola: la Bussola di Sergio Bernardini. L’ altro era Walter Guertler, cittadino svizzero che a Milano aveva fondato un impero di vinile: controllava il mercato discografico attraverso aziende ed etichette di prestigio come Celson, Music, Saar, Mercury, Jolly, faceva lavorare musicisti come Enzo Jannacci, Luigi Tenco, Fausto Leali, l’ asso della tromba Chet Baker e teneva sotto contratto due artisti che generavano entusiasmo e profitti formidabili in giro per il mondo come Tony Dallara con la sua “Come Prima” e il tenore leggero Bruno Venturini che da New York a Tokyo era considerato il nuovo Enrico Caruso del pop.

Guertler era altresì il distributore esclusivo per l’ Italia dell’ Atlantic, il colosso statunitense che governò i mostri sacri del rhythm & blues, a cominciare dai Drifters e Ben E. King fino a Otis Redding e Aretha Franklyn. Fu Guertler a gestire in Italia vedettes internazionali come Cher e Petula Clark e a produrre per primo interpreti che hanno fatto la storia della musica italiana, da Nicola di Bari ai Campioni di Roby Matano con Lucio Battisti alla chitarra, da Franco Battiato a Vasco Rossi.

Tutti contro “Il Molleggiato”

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Ma alla fine degli anni Cinquanta il beniamino di Guertler era solo lui: Adriano Celentano. Il discografico lo scoprì al Festival del Rock del Palazzo del Ghiaccio di Milano, il 18 maggio del 1957: una gara per patiti della nuova danza americana, organizzata dal coreografo Umberto Gallone e dal ballerino acrobatico Bruno Dossena, che sollevò un pandemonio e calamitò una marea di camionette e uniformi delle forze dell’ordine.

La voce, il ritmo, i gesti di Celentano affascinarono il pubblico, ma come in precedenti occasioni l’ artista fu irriso dai critici. All’ epoca i giornalisti lo sfottevano, mentre la Rai aveva già respinto due volte i suoi provini bollandolo nel primo come “inconsistente imitatore di Jerry Lewis” e nel secondo come “dilettante immaturo e disordinato”.
Guertler se ne infischiava dei pareri di stampa e radiotelevisione e lo ingaggiò. Partì così un’avventura carica di soddisfazioni, successi e grane.

I dischi di esordio furono in inglese, cover dei titani del rock Elvis Presley, Little Richard, Fats Domino. Poi la prima canzone bomba: “Il tuo bacio è come un rock”, firmata da Celentano con le parole dei cinematografari Piero Vivarelli e Lucio Fulci. E fu subito tribunale.

Il tuo bacio in tribunale

Accadde nel 1960. Bruno Bettinelli, uno dei compositori italiani di musica classica più stimati del secolo scorso, docente al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, sostenne che il brano era un plagio. Il maestro Bettinelli era stato nominato consulente tecnico dal pretore di Milano Vincenzo De Genua per stabilire la fondatezza della denuncia presentata contro il “Molleggiato” dal musicista romano Umberto Frattali. Secondo il querelante, la canzone “Il tuo bacio è come un rock”, soprattutto nell’ attacco, era copia conforme di un suo brano del 1956, intitolato “Canzone di vera vita”.
Il magistrato, ascoltato il parere del maestro Bettinelli che confermava l’ accusa, aveva ordinato il sequestro conservativo dei proventi del disco – oltre trecentomila copie già vendute – rinviando la causa civile al tribunale.

Davanti ai giudici Celentano si presentò blindato da due luminari del diritto d’ autore reclutati da Guertler: gli avvocati Giorgio Jarach e Giancarlo Longinotti. Ma a risolvere la vertenza non fu tanto l’ arringa di un principe del Foro quanto la dimostrazione pratica di un musicista, il maestro Ezio Leoni, coadiutore tecnico di Guertler, nonché arrangiatore de “Il tuo bacio è come un rock”. Leoni mostrando una serie di spartiti, documentò che il brano sotto accusa, più che alla effettivamente ignota “Canzone di vera vita”, somigliava a diverse arie del passato e su tutte a “Chella llà”, pubblicata nel 1956 poco prima del motivo di Frattali e resa popolarissima nell’ interpretazione di Teddy Reno. Insomma la frase musicale incriminata aveva diversi precedenti, anche nel repertorio classico. Il giudice si convinse e mandò assolto Celentano.

“Il maestro Leoni giocò sul sicuro. – racconta il compositore Lorenzo Pilat, che fece parte del Clan Celentano con lo pseudonimo Pilade – Alessandro, il fratello di Adriano, mi confessò che era stato lui a scrivere la musica e che l’ attacco de ‘Il tuo bacio è come un rock’ l’ aveva proprio copiato da ‘Chella llà’. Altroché repertorio classico”.

La dispensa del ministro Andreotti

Il vero bagno di popolarità nazionale per Celentano arrivò con la partecipazione al Festival di Sanremo, tra gennaio e febbraio del 1961, con “Ventiquattromila baci”. Il brano era firmato dagli stessi protagonisti del processo per plagio: Adriano con Ezio Leoni per la musica, Vivarelli e Fulci per le parole.

E per l’ occasione Guertler compì un altro dei suoi miracoli: Celentano stava facendo il servizio militare a Torino, artigliere nella caserma Morelli di Popolo. Ma il suo discografico riuscì a convincere il ministro della Difesa Giulio Andreotti a rilasciargli una speciale dispensa per le esibizioni sanremesi.

Però il sapore della libertà è irresistibile. E di lì a qualche mese Adriano maturò la decisione di rompere con Guertler e creare una propria casa discografica, diretta dal fratello maggiore Alessandro, così da diventare assieme i proprietari dei master dei dischi, i responsabili degli artisti scritturati, i registi e i supervisori della creatività aziendale: dalla scelta delle canzoni a quella delle copertine.
Nella prima decade di agosto del 1961, terminata la ferma militare, Celentano raggiunse Viareggio con la band dei Ribelli, contrattualizzati per dieci serate alla Bussola. È lì che rese nota l’ intenzione di procedere per proprio conto.

Alla Bussola c’ erano anche Ezio Leoni e Giulio Libano, i due musicisti principali collaboratori di Guertler: seguivano il gruppo di spalla di Celentano, Carl Holmes and the Commanders, che, come vedremo, fu propedeutico a un altro grande successo di Adriano.

Guertler prese malissimo la decisione. Scattarono citazioni in giudizio per inadempienza contrattuale e qualche acuminata ripicca.

“Un dispetto riguardò proprio il nome della nuova iniziativa discografica. – racconta l’avvocato milanese Fulvio Fiore – Celentano depositò il 19 dicembre del 1961 la società a responsabilità limitata Clan Celentano e aveva progettato di chiamare l’ etichetta Caramba Records: c’ era la bozza disegnata dal geniale illustratore Mario Moletti già comunicata a Musica e Dischi, la rivista specializzata che fu per decenni il Vangelo della discografia nazionale. Ma Guertler, che conservava una cospicua serie di canzoni inedite di Celentano, anticipò tutti uscendo sul mercato con due brani, “Ciao amore” e “Veleno”, inaugurando per l’ occasione l’ etichetta Caramba, un nome che aveva depositato anche lui in precedenza. Costringendo pertanto il neo-concorrente alla modifica: da Carramba Records a Clan, un termine ispirato al sodalizio americano fondato da Frank Sinatra”.

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Milena Cantù, ai tempi "La Ragazza del Clan" e fidanzata di Adriano Celentano
Con Milena Cantù, ai tempi “La ragazza del Clan”
e fidanzata di Adriano

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Quattro gli iniziatori italiani del Clan: Adriano, Don Backy, Ricky Gianco e Guidone. Ai quali si aggiunsero presto Gino Santercole, Pilade, i Ribelli, l’ arrangiatore Detto Mariano, i parolieri Luciano Beretta e Miki del Prete. E molti altri a venire. Sempre sotto la guida amministrativa di Alessandro Celentano.

Il sospetto di una tregua

La canzone di esordio del Clan fu “Stai lontana da me”, un pezzo composto da Burt Bacharach con il paroliere Bob Hilliard per il cantante afroamericano Gene McDaniels con il testo adattato in italiano da Mogol. Con “Stai lontana da me” Celentano vinse il Cantagiro del 1962 e sbancò la hit parade: il segnale per gli addetti ai lavori che tra lui e Guertler, a parte la causa per l’ interruzione del contratto, era comunque intervenuta una tregua. “A Guertler certo non mancavano i contatti per distribuire in Italia ‘Tower of Strenght’, la versione originale di McDaniels dell’ etichetta americana Liberty Records di Al Bennett – racconta il direttore d’ orchestra Vince Tempera – Quello sarebbe stato un dispetto feroce. Ma non accadde: ‘Stai lontana da me’ restò sola sul mercato e così furono in pochi a rendersi conto che si trattava di una cover”.

“Non esistono prove di un’ intesa tra Guertler e Alessandro Celentano, l’ autentica anima amministrativa ed editoriale del Clan, ma condivido questa ipotesi – dice Roby Matano, all’ epoca solista dei Campioni e in seguito direttore artistico della Saar – Sono stato amico ed estimatore di entrambi: erano due geni della discografia, più propensi all’ accordo che alla vendetta davanti alla prospettiva del successo di una produzione musicale”.

Il caso “Pregherò”

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Quattro mesi dopo “Stai lontana da me”, arrivò la consacrazione del Clan con uno dei pezzi in assoluto più celebri di Celentano: “Pregherò”. E si tornò a parlare di plagio, unitamente a un altro singolo dell’ etichetta, “Tu vedrai”, una sorta di seconda parte di “Pregherò” affidata a Ricky Gianco. Erano le versioni in italiano di “Stand By Me” e di 2Don’t Play That Song (You Lied)”, due incisioni del cantautore statunitense Ben E. King. Entrambe però furono depositate alla Siae con la musica accreditata a Ricky Gianco e Detto Mariano e le parole a Don Backy con l’ aggiunta di Miki Del Prete per “Tu vedrai”.

Per anni abbiamo ascoltato e letto diverse spiegazioni in proposito: che i dischi americani li aveva scovati Gianco…il quale intendeva incidere “Pregherò”… che Celentano gli impose di contro “Tu vedrai”…che il Clan fece ricerche alla Siae per scoprire i nomi degli autori…che gli autori originari non furono individuati e che pertanto tutti pensarono a brani in pubblico dominio, con licenza di intestarseli…che però a seguito del trionfo dei dischi si fecero vivi gli editori della Aberbach che minacciarono denunce.

Tutte mezze verità.

Torniamo all’ agosto del 1961, alla Bussola di Viareggio e ai collaboratori di Guertler: Ezio Leoni e Giulio Libano. I due musicisti erano nel locale della Versilia per seguire il gruppo di spalla di Celentano, Carl Holmes and the Commanders, che infatti pochi mesi dopo avrebbe cominciato a incidere per l’ Atlantic, la casa discografica statunitense che aveva sotto contratto Ben E. King, coautore ed esecutore di “Stand By Me”, l’ originale di “Pregherò”.

“Stand By Me” era stata intercettata subito dalla squadra di Walter Guertler, distributore per l’ Italia della Atlantic. La canzone in quell’ estate del 1961 era nel repertorio di Carl Holmes and the Commanders.

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I Ribelli ai tempi dei fratelli Bischara (vicino a Gianni Dall’ Aglio)

“Fu alla Bussola che scoprimmo quel brano e ce ne innamorammo tutti – rivela Natale Massara, direttore d’ orchestra e compositore di colonne sonore cinematografiche – Io ero il sassofonista dei Ribelli, la band di Celentano. Carl Holmes and the Commanders, cinque afroamericani che suonavano un rhythm and blues travolgente, figuravano come orchestra di spalla alla nostra. Cominciammo in quelle sere a misurarci con melodia, armonia e ritmo di quel pezzo che Adriano intendeva inserire nel catalogo del Clan”.

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“Guertler era stato un finanziatore dei fratelli Ahmet e Nesuhi Ertegün per la fondazione dell’ Atlantic e in cambio gli era stata concessa la distribuzione dei dischi in Italia fino al 1968 – rivela Vince Tempera – Ma la versione originale di Ben E. King non entrò nel nostro mercato, pertanto ‘Pregherò’ ebbe vita facile. In quegli anni di assenza di comunicazioni una canzone che finiva in testa alla hit parade americana non arrivava in Italia se non a seguito di intese tra discografici ed editori musicali”.

“Stand By Me” si affermò in USA nel 1961, ma non funzionò sul mercato inglese. L’ operazione “Pregherò” creò dunque nuove fonti di profitto senza suscitare proteste da parte dell’ ufficio romano della Aberbach, editrice di “Stand By Me”.

L’ errore forse fu esagerare, tentando di conquistare anche il mercato sudamericano con “Pregherò” tradotta in spagnolo: il titolo era “Rezaré”. Da New York la casa madre Aberbach decise di intervenire a seguito delle proteste dei veri autori del brano – ovvero lo stesso esecutore Ben E. King con Jerry Leiber e Mike Stoller, i due basilari collaboratori di Elvis Presley – e stabilire il nuovo deposito alla Siae. Non ci furono citazioni in giudizio, solo modifiche ai carteggi custoditi nell’ ufficio di Alessandro Celentano.

A rimetterci fu essenzialmente Don Backy. Per il testo della sub-edizione italiana di “Stand By Me” l’ Aberbach aveva firmato originariamente un accordo con la paroliera Franca Evangelisti: a norma di legge il nuovo deposito dovette riconoscere anche a lei una percentuale dei profitti. Così Don Backy, da unico autore del testo di “Pregherò”, fu costretto a spartirne i proventi con un autore americano e una connazionale mai vista in precedenza.

Troppo uguali per essere plagi

Andò meglio con “Tu vedrai”. L’ ufficio romano della Aberbach aveva già piazzato il brano: a incidere “Don’t Play That Song (You Lied)” per il mercato italiano pur mantenendo il testo in inglese, era stato Peppino di Capri.

La versione elaborata di Gianco fu un raddoppio di incassi che sollevò il polverone delle recriminazioni per i diritti d’ autore solo apparentemente. In realtà il brano è ancora oggi presente nell’ archivio della Siae con i crediti attribuiti agli artisti del Clan Celentano.

Il sospetto di accordi internazionali tra editori e discografici spunta per altre due importanti pubblicazioni di Adriano Celentano: “Torno sui miei passi” del 1967 e “Viola” del 1970. Nell’ archivio della Siae la prima è attribuita al compositore Detto Mariano e ai parolieri Luciano Beretta e Miki Del Prete, la seconda al compositore Nando De Luca sempre con i testi di Beretta e Del Prete.
“Torno su miei passi” è identica a “The Paper Boy“, pubblicata nel 1956 dal rocker americano Bill Haley e “Viola” è uguale a “I Make Believe” incisa nel 1956 da Clyde McPhatter & The Drifters. Non si tratta di somiglianze: sono proprio le stesse canzoni. Ritenere che discografici ed editori americani dei due pezzi non se ne siano mai accorti o che un amministratore attento come Alessandro Celentano e due musicisti avveduti come Detto Mariano e Nando De Luca abbiano rischiato altrettanti processi per plagio appare un affronto a intelligenza e sincerità.

Va detto che il più stravagante copia-copia consumato con la voce di Adriano Celentano fu stampato non dal Clan bensì dalla Jolly di Walter Guertler. Si tratta di “Non esser timida”, uscito nel 1961, prova evidente di come gli accordi internazionali tra discografici ed editori riuscissero negli anni d’ oro del pop a confezionare risultati bizzarri quanto redditizi. Quel “Non esser timida / non arrossire più / quando ti stringo a me / devi sorridere” nasceva sulla musica di “Sul mare luccica / l’ astro d’ argento / placida è l’ onda / prospero il vento”, insomma era l’ elaborazione del più antico dei successi napoletani: “Santa Lucia”. Era il periodo in cui Cosa Nostra in America gestiva il repertorio musicale partenopeo e il brano fu depositato con il titolo “Little Lonely One” e i crediti attribuiti a Bob Brass e Irwin Levine senza alcun riferimento a Teodoro Cottrau, il vero compositore di “Santa Lucia”.
“Little Lonely One” schizzò al vertice della classifica dei dischi più venduti negli Stati Uniti del 1961 nell’ interpretazione di un quintetto vocale della Virginia, The Jarmels; un’ affermazione destinata a ripetersi in Inghilterra nel 1965 con la versione di “Little Lonely One” affidata alla popstar gallese Tom Jones. Tra il disco dei Jarmels e quello di Tom Jones, alla fine del 1961, ossia proprio nel momento della nascita del Clan, Guertler riuscì a inserire Adriano Celentano con “Non esser timida”, presentata come cover italiana del pezzo americano e non già del classico napoletano. “Non esser timida” sul disco era attribuita a Irwin Levine e a Miki Del Prete. Ma nel deposito Siae compaiono ancora oggi soltanto i nomi di Del Prete e dell’ editore Piero Leonardi, un modo forse per far giustizia e restituire “Santa Lucia” alla nazione di origine. Con buona pace del sempre dimenticato Teodoro Cottrau.

Canzoni alla sbarra

IL CLAN

“Il Clan Celentano è stato il motore rombante della discografia italiana dei primi anni Sessanta – racconta l’ avvocato Fulvio Fiore – Un artista alla guida di un’azienda che arrivò a stipendiare fino a cinquanta dipendenti. Dopo il Clan Sinatra, che godeva comunque della protezione di Cosa Nostra, c’ erano stati in America solo i precedenti di Ray Charles e di James Brown. Il Clan produsse idee, moda, marketing: dalle copertine apribili dei dischi disegnate da Mario Moletti ai pantaloni bicolori a zampa d’ elefante.

Peccato sia durato poco: nel febbraio del 1967 Musica e Dischi dette la notizia della separazione tra Adriano e il fratello Alessandro. L’ inizio della fine”.

Quell’ azienda concepita nel dicembre del 1961 come una confraternita musicale è stata straordinaria in tutto. Anche nelle beghe legali tra ex componenti. Avvocati e magistrati si sono occupati fino a un anno fa di rivendicazioni legate al diritto d’autore. Di volta in volta in tribunale sono passati Don Backy contro Celentano e viceversa, Don Backy contro Detto Mariano e viceversa, Detto Mariano contro Celentano e viceversa, Gino Santercole contro Nando De Luca.

I casi meno ruvidi sono stati appianati con transazioni stragiudiziali che hanno estinto la lite, come quella tra il batterista dei Ribelli Gianni Dall’ Aglio e Ricky Gianco per la paternità di “Pugni chiusi”.

In sostanza le aule di giustizia per oltre mezzo secolo hanno ospitato le canzoni più popolari prodotte dall’ opera dell’ ingegno degli artisti legati al Clan: “Una carezza in un pugno”, “Casa bianca”, “Canzone”, “Straordinariamente”, “Un bimbo sul leone”, “Yuppi Du”, “Prisencolinensinainciusol” e decine d’altre.

“Chi come me è vissuto a stretto contatto con discografici ed editori negli anni d’ oro del mercato della canzone sa bene che il Clan non ha rappresentato un’ eccezione – commenta Vince Tempera – Litigi e cause sono stati la norma di tutte le etichette. La differenza sta nel fatto che solo le faccende di Celentano sono finite sempre sui giornali. Non credo abbia mai avuto realmente bisogno di un addetto stampa. Dal 1957 tutto quanto succede nei dintorni di Adriano fa immancabilmente notizia”.

Da HuffPost

I COMPLESSI

Questi i più importanti gruppi del Clan, cui ho dedicato articoli (vedi links):

I RIBELLI. “CLIC” QUI
I FUGGIASCHI. “CLIC” QUI
I RAGAZZI DELLA VIA GLUCK. “CLIC” QUI

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FRA I MOLTI ALTRI ARTISTI
DEL CLAN …

Gino Santercole, nipote di Adriano, Ricky Gianco, Miki Del Prete, Luciano Beretta e Detto Mariano (l’ arrangiatore del Clan).

Ma pure nuovi talenti: Ico Cerutti, Don Backy, Pilade, Ugolino, Maria Luigia, Teo Teocoli.

(ALCUNI) PREZIOSI
VINILI

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IL TRIO DEL CLAN

Formato da tre membri del Clan Celentano: Ico Cerutti, Pilade e Gino Santercole.
Presentò, in abbinamento ad Adriano, “Il ragazzo della via Gluck “al Festival di Sanremo 1966.

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La curiosità

QUEL DISCO DI M …

Agosto 1970: fra i dischi più venduti in Italia c’ è il controverso “Viola” di Adriano Celentano. A far discutere, per cominciare, il retrocopertina.
Da “Giovani”, gettonata rivista musicale dell’ epoca:
“Non sarà certo fine, ma è una parola che compare in tutti i dizionari italiani: generalmente accompagnata dalla precisazione che si tratta di un termine volgare che è preferibile sostituire con qualche sinonimo, per esempio «escrementi». È una parola assai in voga in questi tempi; oggetto dello scandalo più grosso di queste vacanze, «la parola» galleggia tranquillamente sulle acque dei litorali italiani e non manca di finire in bocca anche al più cauto bagnante. Insomma è una parolaccia o una parola poco pulita. Celentano l’ ha usata nel retro della copertina del suo ultimo disco intitolato «Viola» e la Procura della Repubblica di Genova (zona il cui mare è particolarmente inquinato dagli escrementi e dove forse serpeggia un pochino di psicosi) ha emesso l’ ordine di sequestro per tutte le copertine del 45 giri.
La «parola», abbastanza leggibile, è stampata in mezza tinta grigia su una lettera che Celentano dedica all’ ascoltatore nel retro della foderina. «Il cemento, il mostro del nostro secolo, lo sterminatore del verde, che mangia ossigeno a tradimento, ci inscatola sempre di più, ogni giorno che passa, come tante sardine. E forse la punizione per noi, povere facce da calcestruzzo, che viviamo nelle città, non è ancora abbastanza. L’ uomo moderno, questo geniaccio con la fronte di catrame, ha pensato che dove c’ è il cemento non può esservi il profumo di un fiore, dell’ erba, di una pianta, insomma… della natura, perché se no si respirerebbe e perderemmo il nostro colorito grigio pallido da cadaverino che si abbina molto bene col cemento. Si rischierebbe con aria pura di vivere molto più a lungo. Ma non per niente l’ uomo è moderno ed è cosi che il geniaccio, concentrando tutte queste inquinazioni, ha potuto fare un cocktail di porcherie, creando così una nuova aria per la città. Infatti, caro amico, l’ aria che respiriamo puzza di…! Però è moderna».
IL CLAN
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Spartito
Così la lettera di Celentano. E su questa, in grigio, lievemente gocciolante, gronda «la parola».
Mentre si attende che il provvedimento venga messo in atto, ci giunge notizia che le ausiliarie della polizia femminile, che hanno tra l’ altro l’ incarico di occuparsi della stampa immorale, hanno sequestrato settantaquattro copie di «Viola» in un negozio di Pisa. Da quanto ci risulta, Celentano, interrogato sulla faccenda, ha detto: «Sono felice come una Pasqua! Adesso venderò il doppio delle copie. Hanno sequestrato la foderina, mica il disco; io cambio la copertina e tiro dritto per la mia strada».
Un uomo (il generale Pierre Cambronne) passò già alla storia per aver usato la «parola» in risposta alle truppe inglesi che gli intimavano la resa; un bisillabo breve e secco; lo stesso che Celentano ha usato per rispondere alle minacce di un mondo sempre più opprimente”.
Brano discusso, “Viola”, dicevo, anche perchè ritenuto un plagio. Seppure firmato da Luciano Beretta, Miki Del Prete e Nando De Luca, gli esperti stabilirono che si trattava in realtà della cover, non autorizzata, di un pezzo del 1956 degli americani Clyde McPhatter e i Drifters, “I Make Believe”.

 

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