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MARINO REGINA, IL BASSISTA DI GIANNI MORANDI

Ultimo aggiornamento 10 Ottobre 2025

QUAND’ ERA SOLDATO

Tornando a sfogliare alcuni numeri del 1968 di “Giovani”, fra le riviste musicali italiane più gettonate degli anni Sessanta, ho trovato un articoletto che finora mi era sfuggito e che non mancherà di incuriosire pure voi. Parla di Gianni Morandi e del gruppo con cui il cantante si esibì durante il servizio militare, gruppo di cui fece parte anche un musicista che poi si trasferì nel Ticino – a Gordevio, per essere precisi – dove per decenni ha svolto l’ attività di rappresentante di prodotti alimentari e tuttora vive: Marino Regina, conosciuto e intervistato ai tempi del “Quotidiano” (TSI),  del quale avevo perso le tracce.

Di seguito, il testo dell’ articolo, intitolato

Gianni Morandi presenta
il suo “complesso naja

Adesso anche Gianni ha il suo complesso. Sono tre ragazzi in gamba, tutti suoi commilitoni, con i quali ha fatto un lungo rodaggio, durante i mesi della naja. E adesso sono pronti per buttarsi alla conquista del pubblico … borghese. Perché quello militare lo hanno già affrontato: infatti Riccardi l’ organista, Regina il basso, Colombino il batterista e Gianni il capo, durante questo anno e più di naja, hanno dato parecchi spettacoli per le truppe e pochissimi invece per la “gente qualunque”: non più di cinque.

Dunque sei soddisfatto del tuo complesso?

«Altroché! Sono bravissimi, altrimenti non li terrei con me anche dopo il servizio militare, ti sembra? Abbiamo trovato un affiatamento pertetto. E tutti e tre hanno una notevole padronanza del loro strumento. Credo proprio che insieme faremo grandi cose».

Quali cose esattamente? Voglio dire, avete già dei progetti?

«Progetti se ne fanno sempre molti, ovviamente. Poi resta da vedere se si riuscirà a realizzarli. Comunque, quando smetterò di essere il geniere Morandi per rivestire i panni del cantante Morandi, naturalmente mi darò un bel po’ da fare. Le cose più importanti per il mio reinserimento nella vita borghese sono due: dare molti spettacoll, in modo che la gente si abitui a rivedermi, e incidere subito un disco, ma che sia un disco di quelli con i fiocchi, che riesca a sbaragliare la concorrenza, a far sì che il pubblico dimentichi che al mondo esistono anche altri cantanti e compri solo il disco mio. Capisci cosa voglio dire?».

MARINO REGINA, IL BASSISTA DI GIANNI MORANDI
MARINO REGINA, IL BASSISTA DI GIANNI MORANDI

Credo di sì, comunque non mi pare che tu debba temere la concorrenza: i tuoi sette milioni di dischi venduti parlano abbastanza chiaro…

«Hai ragione, però bisogna stare sempre all’ erta. Tu non immagini come mi hanno insegnato bene sotto la naja a stare all’ erta…! È un’ esperienza che mi sarà utilissima anche nella vita. Comunque io sono agguerritissimo e pronto a sparare a zero. E sono sicuro che anche i ragazzi del mio complesso mi aiuteranno moltissimo in questa mia rentrée musicale. Il fatto di aver vissuto gomito a gomito per quindici mesi, di aver imparato a conoscerci giorno per giorno, ci ha permesso di trovare un fantastico affiatamento».

Il cameriere per gli ufficiali

«Anno 1966, – racconta Marino – ero in servizio a Montorio Veronese, provincia di Verona, Genio pionieri. Facevo il cameriere alla mensa ufficiali. Avevano chiesto: “Chi è interessato?”. Lì, si mangiava bene, per cui non persi tempo, mi offrii. Ero tranquillo … Poi, un giorno, il colonnello, il quale sapeva che ero un buon musicista, venne da me proponendomi di fare un provino a Milano. Anche in questo caso non ebbi indugi, accettai. Mi presentai, armato del mio basso e super emozionato, a quelli della RCA, la famosa casa discografica romana. In studio, ad aspettarmi, c’ era anche Morandi, di cui conoscevo quasi l’ intero repertorio. Sfoderai il mio “Gibson” e mi diedi da fare. Dopo un po’, senza accorgermene, mi misi anche a duettare con Gianni, il quale a un certo punto del provino fece: “Ok, ok, Regina va bene!”. Chiesi allora: “E adesso che devo fare?”. “Niente, niente, facciamo tutto noi, inoltreremo la richiesta di trasferirti da Montorio a Pavia” fu la risposta del capitano».

Quale l’ emozione?

«Avendo inciso un disco come cantante e svolto per alcuni anni l’ attività di orchestrale prima di essere reclutato, vantavo una certa esperienza, sapevo quindi che avrei potuto farcela. Il fatto è che a Pavia, però, non ci volevo andare. Alla fine mi feci convincere. Quando giunsi in caserma, mi assegnarono un letto, a fianco di… proprio Gianni Morandi! Lui era già sposato, la moglie Laura Efrikian aveva un appartamentino a Pavia, cosicché quasi ogni giorno gli veniva concessa una speciale libera uscita. Quando, quella sera, rientrò, mi svegliò con le sue manone dicendomi: “Ue, ue, Regina, che bello che sei qui!”. Era molto contento di ritrovarmi, poiché, in pratica, io ero il suo clone. Durante i concerti infatti, quando cantava, ad esempio, “In ginocchio da te”, io rinforzavo la sua voce. Il mio stile, come il suo, era melodico. Ci fu, di conseguenza, subito affiatamento fra di noi. Ad accompagnarlo inizialmente fummo in tre, poi arrivarono anche altri musicisti, tra cui Luigi Albertelli, quello che più tardi scrisse la “Zingara” di Bobby Solo e Iva Zanicchi, che però non era un militare. Facemmo un mucchio di spettacoli. Ogni volta Morandi riceveva una lauta mancia, che, generosamente, distribuiva a noi. Dieci, quindicimila lire per spettacolo, bei soldi all’epoca».

MARINO REGINA, IL BASSISTA DI GIANNI MORANDI
Marino con un libro dedicato al geniere Morandi
e in concerto con il cantante 

E la vita di caserma?

«Una pacchia. Ogni sera libera uscita, esenti da quasi tutti i servizi. Al massimo, ci incaricavano di piegare le divise. Un giorno, mentre svolgevamo questo lavoro, vidi Gianni un po’ demoralizzato. Chiesi: “Che c’è?”. E lui: “Eh, mi sa che sono in declino, ci sono Fausto Leali con “A chi” e Al Bano con “Nel sole” in classifica”. Il massimo: durante una serata loro dedicata, gli ufficiali gli chiesero di cantare “Nel sole”, anziché uno suo pezzo! Immaginatevi la faccia… “Se va avanti così…”, commentò preoccupato. Riuscii comunque a tirarlo su di morale».

MARINO REGINA, IL BASSISTA DI GIANNI MORANDI

Tu fosti congedato diversi mesi prima di lui…

«In effetti, Gianni dovette rimanere in servizio ancora per quattro mesi. Prima di andarmene, in un locale di Pavia, incidemmo il disco “Tenerezza”. Quella volta invitò a casa sua me e il batterista Osvaldo Colombino. Fu l’ ultimo impegno con lui, dopodiché rientrai a casa, a Milano, dove tornai a frequentare gli ambienti battuti dai musicisti: Galleria del Corso, eccetera. Un giorno ricevetti una telefonata. Era Gianni, che poco tempo dopo, con un ufficiale e a bordo di una Jeep, venne personalmente a prelevarmi a Milano. Mi chiese, nonostante il regolamento lo proibisse, di rindossare la divisa per alcuni mesi, affinché potesse continuare a tenere concerti. Cosa che feci, vista l’ insistenza e la disponibilità del comando a chiudere un occhio. Serate memorabili, durante una delle quali fui decorato dal generale di corpo d’ armata come un ufficiale in congedo».

Quando hai perso le tracce di Morandi?

«Concluso il periodo in divisa di “finto soldato”, ci salutammo in Piazza della Scala a Milano, dove mi aspettava mio fratello. Gianni, che mi aveva accompagnato con Osvaldo, disse: “Regina, quando finisco di fare il militare, possiamo rivederci? Te lo chiedo perché avrei l’ intenzione di fare una tournée”. E io: “Sai benissimo che vorrei fare anch’ io il cantante (in seguito superai l’ esame di compositore melodista), non posso quindi assumermi un impegno del genere”. Lui: “Sì, sì, no, no”. Ci abbracciammo con l’ intenzione di ritrovarci, ma fu, quella l’ ultima volta che lo vidi».

Anni fa Morandi fece tappa in Piazza Grande a Locarno con Lucio Dalla. Neppure in quell’ occasione ti fu possibile contattarlo?

«Ci provai, l’ avevo promesso ai miei figli. Mi recai all’ Albergo La Palma, dove alloggiava, e chiesi di parlargli. Quelli della ricezione, credendo che fossi un rompiscatole, fecero gli indiani, non mi diedero corda. Orgoglioso come sono, me ne andai e da allora lasciai perdere».

Tornando al dopo militare…

«Continuai a suonare, tra l’ altro con i New Impression, di cui faceva parte anche il tastierista Pino Scarpettini, fondatore dei Trolls, divenuti poi New Trolls. Con questa band, nel 1972, partecipai al Festival della canzone di Lugano e al Torneo della canzone di Pesaro, con il brano, inciso su singolo, “Povero in canna”».

Quando decidesti di trasferirti nel Ticino?

«Ho vissuto a Milano fino a ventotto anni, poi venni in Svizzera. In Italia era il periodo dell’ “austerity”: il governo, per affrontare le conseguenze della crisi petrolifera del 1973, come altri governi europei, aveva adottato misure di austerità volte alla riduzione forzata dei consumi energetici, per cui o si facevano le crociere, o battevi i night, in tutti e due i casi con miserabili compensi. Decisi pertanto, con il trio, di cambiare giro, venire in Svizzera, dove si guadagnava molto di più».

E il Ticino?

«Dopo aver messo su famiglia. Prima abitammo a Losone, poi ci trasferimmo a Gordevio. Per alcuni anni suonai, fra i tanti locali, alla Casa Rustica dei fratelli Glaus a Losone, all’ Happyville di Ascona, al Nibbio, alla Canva e all’ Europa Notte di Lugano, poi lasciai la musica per intraprendere l’ attività di rappresentante per la pasta De Cecco. Anche perché ci fu l’avvento dei cosiddetti “musicisti playback”, dotati di strumenti in grado di fare tutto da soli: la fine per i musicisti da ballo che suonavano dal vivo».

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