LADDOVE GLI ALTRI NON SCAVANO
Saranno gli Empty Hearts, una garage band a stelle e strisce, con “Don’t Want Your Love, If You Don’t Want Me”, ad aprire la puntata di domenica di “Non ho l’ età”, in onda su Radio Ticino dalle 13:00 alle 14:00 e dalle 20:00 alle 21:00.
A seguire:
Weeklings ft Peter Noone (Mr Soul Satisfaction), Mott The Hoople (All The Young Dudes), Supertramp (My Kind Of Lady), Eric Clapton (Lay Down Sally), Oasis (Don’t Look Back In Anger), Jeff Lynne’s ELO (Help Yourself), Rino Gaetano (Gianna), Rod Stewart (Ain’t Love A Bitch), Rod Stewart & Jools Holland (Almost Like Being In Love), Guess Who (Albert Flasher), Paul Heaton (Fish ‘N’ Chip Supper), John Fogerty (Blue Boy), John Fogerty ft Bruce Springsteen (When Will I Be Loved), Ringo Starr (Gonna Need Someone).
“Non ho l’ età”
Ricordo, è, idealmente, la continuazione dello storico e seguitissimo “Galassia Sessanta”, per decenni andato in onda sulla Rete Uno della RSI.
L’ ho scherzosamente sottotitolato “Quasi programma di archeologia musicale” perché ogni puntata viene confezionata con brani/video in parte un po’ dimenticati, in parte che, nelle versioni proposte, raramente o mai è possibile ascoltare alla radio/televisione, brani, anche recenti, appartenenti ad artisti, generi, epoche e paesi diversi. Un’ offerta che va dal rock al soul, dallo ska alla bubble gum music, dal reggae alla disco, insomma in grado di soddisfare i gusti di un eterogeneo pubblico.
“Non ho l’ età” può essere seguito pure televisivamente, sintonizzandovi su https://radioticino.com/tv/
SULLE NEVI DELL’ OBERLAND BERNESE, TANTI ANNI FA
Poco dopo la metà degli anni Sessanta, di questi tempi, gli Who e John Lennon trascorsero alcuni giorni sulle nevi di casa nostra: ne ho già parlato in passato, ma ritorno con piacere sull’ argomento, avendo qualche dettaglio in più da fornire.
Gli Who a Grindelwald
Per cominciare gli Who, che nel novembre 1966 fecero tappa a Grindelwald (Berna). Quattro memorabili giornate documentate da un raro e preziosissimo numero del gennaio 1967 di “Pop”, ai tempi rivista di riferimento per i beatniks elvetici.
“«Siamo abituati a vederli in scena mentre distruggono chitarre, batteria ed amplificatori, – si legge nell’ articolo, privo di firma – durante i concerti è impossibile comprendere cosa ti sta dicendo il vicino, tanto la loro musica è fragorosa, ma in privato, almeno qui a Grindelwald, sono quattro silenziosi e simpatici giovani, senza atteggiamenti da stars»”.
Continuando nella lettura, si apprende che, trattandosi di vacanze, la band non aveva portato con sé il necessario per esibirsi.
L’ incontro con l’ inviato di “Pop” avvenne in un albergo mentre Pete Townshend, Roger Daltrey, Keith Moon e John Entwistle stavano pranzando (menu: cotolette, fagioli e patate arrostite); qualche scambio di battute eppoi, sempre con loro, il “via” a uno sfrenato shopping nei negozi della celebre località invernale.
A seguire, gli impegni di lavoro: trasferta a bordo di una Land Rover messa a disposizione dall’ albergatore sulle nevi della Piccola Scheidegg per un servizio fotografico e, già che c’ erano, creazione di un pupazzo e lanci di palle.
Tornati a valle, per gli Who tappa in un pub frequentato da contadini, accolti da
una tipica Ländlerkapelle, nonché alcuni cantori di Jodel.
WE LOVE SWITZERLAND!
Dal canto suo, “Giovani”, altra rivista di riferimento per i beatniks dell’ epoca,
poco tempo dopo, nel gennaio del 1967, informò i lettori che la band aveva
deciso di tornare sulle nevi dell’ Oberland bernese, questa volta optando per Gstaadt, al fine di realizzare un secondo servizio fotografico.
“Con un nuovo 45 giri (‘Happy Jack’) – scriveva tale George Russell nel numero
tre di quell’ anno – che sta salendo a grandi passi verso i primi posti della classifica e con un nuovo long-playing (”A quick one’) che dopo pochi giorni di vendita è già al nono posto, i Who hanno passato le più belle vacanze invernali che uno possa desiderare: forti dei loro nuovi successi, circondati dalla fama di essere uno dei
più forti complessi inglesi del momento, se ne sono andati in Svizzera a sciare e
si sono divertiti un mondo. Tranne Pete Townshend, che è bravissimo nei “cristiania”, gli altri non valgono granche sugli sci; ma questo è stato anzi un
motivo di maggior spasso, perché fra capitomboli e scivoloni l’ allegria è arrivata alle stelle. Anche i bravi svizzeri, notoriamente calmi e equilibrati, non ne potevano più dal ridere assistendo agli equilibrismi di Keith Moon sulla slitta o vedendo Roger Daltrey che per scaldarsi si mangiava tranquillamente un bicchiere di neve col cucchiaino come fosse un gelato di fragola.
L’ articolo di “Giovani”
A John Entwhistle, chitarra-basso del complesso, abbiamo chiesto quali
programmi abbiano i Who per il 1967. «Prima di tutto una grossa tournée attraverso tutta l’ Inghilterra nel mese di marzo», ha risposto John, col suo solito tono impassibile. «Dovrebbero venire con noi gli Hollies e Paul Jones».
«Ma raccontagli la cosa più importante!», salta su a dire quel simpaticone di Keith Moon. «Digli che stiamo preparando delle foto da infarto per la nostra pubblicità!». E rivolgendosi a me: «Pensa che ce n’ è una di Roger con una orecchia sola davanti al famoso autoritratto di Van Gogh, e una di Pete con un’ unghia completamente rivoltata!».
A Pete Townshend, chitarra solista e capo del complesso, abbiamo chiesto come gli è venuta l’ ispirazione per comporre ‘Happy Jack’, la canzone che tanto successo sta ottenendo in questi giorni in Inghilterra.
«Come sai », mi ha spiegato Pete, «la canzone dice: “Happy Jack, who lived in sand on the Isle of Man” (Happy Jack, che viveva sulla sabbia dell’ Isola di Man). Bene, devi sapere che mio padre suonava il sassofono in una banda e d’ estate andavano tutti assieme, la domenica, a dare concerto nell’ Isola di Man: io ero un bambino, allora, e lui mi portava con sé. Non ho mai conosciuto nessuno, lì, che
si chiamasse Happy Jack, ma ricordo che io giocavo sulla sabbia e che con la fantasia immaginavo di incontrare un folletto molto allegro (‘happy’) che mi
faceva divertire e che io chiamavo appunto Jack».
Vera o no, – concludeva Russell – la storia è un po’ diversa dalle solite e ve l’ ho raccontata per questo. Pete è davvero un ragazzo molto intelligente e sensibile; tutti i maggiori successi dei Who sono stati composti da lui. E a lui devono essere riconoscenti, gli altri ragazzi del complesso, se hanno potuto passare tanto felicemente questa bella vacanza sulla neve, mentre in patria le loro azioni continuano a salire vertiginosamente.
JOHN LENNON
giunse da noi, a St. Moritz, poche settimane dopo, in febbraio, con obiettivi ben diversi da quelli degli Who: trascorrere in tranquillità un periodo di vacanze, durante il quale, anche, imparare a sciare.
Il suo arrivo all’ aeroporto di Zurigo fu documentato dalle straordinarie foto di
Eric Bachmann (1940 – 2019), il quale in seguito si fece un nome come fotoreporter.
Bachmann riuscì, tra l’ altro, a riprendere il Beatle mentre era alle prese con un troppo zelante doganiere di Kloten; a creare problemi, pare, furono un paio di bottiglie di Whisky (John avrebbe tentato di non pagare il dazio). I preziosi
scatti furono pubblicati dalla rivista tedesca per adolescenti “OK”.
John con Andrea Badrutt, proprietario del “Palace”, il maestro di sci Hans Haas, Cynthia Lennon, Judy Lockhart-Smith, il produttore George Martin e, a destra,
sulle nevi di St. Moritz (foto Hans Gerber/ ETH-Bibliothek)
Fu il prestigioso Grand Hotel Palace di St. Moritz a ospitare il musicista e
l’ entourage, Cynthia Lennon, il produttore George Martin e la futura moglie Judy Lockhart-Smith.
In quei giorni John, oltre che apprendere da un maestro del posto i primi rudimenti dello sci, distribuì autografi e fece le ore piccine ascoltando musica “live”, quella dei cinque Dorados, band lucernese nel cui repertorio, ovviamente, c’ erano
anche pezzi dei Beatles: «Meravigliosi questi musicisti!», dichiarò.
Altro appetitoso aneddoto: sempre a St. Moritz, Lennon compose la famosa “Norwegian Wood”, fra le perle dell’ album “Rubber Soul”, in italiano “Se ritornerai” dei Camaleonti.
LA COPERTINA DI “HELP!”
Aggiungo, a titolo di curiosità, che anche le foto servite per la copertina dell’ album “Help!” dei Beatles, pubblicato per accompagnare il secondo film della band, furono scattate sulla neve. Sono di Robert Freeman, che, in quell’ anno, il 1965, era diventato de facto il fotografo ufficiale della band.
Alcuni anni fa Paul McCartney ha dichiarato: «È stato uno dei nostri fotografi preferiti durante gli anni dei Beatles, e ha realizzato alcune delle copertine dei nostri album più iconiche. Oltre ad essere un grande professionista, era
fantasioso e un vero pensatore originale».
I PICCOLI CAPOLAVORI DI MARIO
Per il momento solo agli amici è concesso il piacere di ammirarlo, ma non è detto che prima o poi Mario Del Don, autore del piccolo capolavoro che vedete nelle foto, decida di esporlo da qualche parte unitamente ad altre splendide sue certosine realizzazioni.
Parlo di questo immaginario quartiere ticinese che vi proietta nel Ticino degli anni Sessanta, per essere precisi del 1968. Lo impreziosiscono cinque personaggi che vi dovrebbero essere familiari: i locarnesi Night Birds, di cui Mario, come ricorderete, è stato bassista. Sempre per quanto concerne la gloriosa band locarnese, che recentemente ha festeggiato il sessantesimo, non escluso che venga presto dato alle stampe il fumetto aggiornato dedicato alla sua storia.
“DallAmeriCaruso. Il concerto perduto”
Il 23 marzo 1986 Lucio Dalla teneva al Village Gate di New York un concerto di cui si pensava si fossero perse le riprese, e che è invece stato possibile proporre in un’ edizione restaurata e rimasterizzata. Ad esse si aggiunge, in apertura, la ricostruzione della creazione del brano “Caruso”, avvenuta pochi mesi dopo a Sorrento.
Il documentario, che verrà messo in onda da RAI 3 giovedì 26 dicembre alle 21:20, è stato pensato per far rivivere agli spettatori l’ emozione della musica di Lucio Dalla, sbarcato nella Grande Mela forte di un repertorio incredibile e affiancato
dalla sua band, gli Stadio. Un film da ascoltare e cantare, che racconta il viaggio americano, per il musicista bolognese punto d’ arrivo e al tempo stesso occasione per una nuova ripartenza che lo porterà a scrivere uno dei suoi più grandi capolavori.
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Alla prossima e … siateci!
Giorgio