Ultimo aggiornamento 17 Aprile 2025
LI AVEVO VISTI
A MILANO
La prima volta che i Rolling Stones fecero tappa in
Svizzera fu il 20 aprile del 1964, per partecipare,
al Casino di Montreux, alla registrazione di una
puntata del seguitissimo “Ready Steady Go”,
programma realizzato dalla società di produzione ATV.
In quell’ occasione, ricorda l’ amico Sam Mumenthaler,
titolare del prezioso sito web Sam’s Collection,
eseguirono, in playback, “Mona”, “Route 66” e
“Not Fade Away”.
Io li vidi qualche anno dopo al Palalido di Milano,
l’ 8 aprile del 1967.
Vidi più che sentii, poiché l’ inadeguato impianto audio
e le urla isteriche del pubblico coprirono voci e suoni
per praticamente l’ intera durata del concerto.
A rendere la giornata movimentata contribuirono un
lancio di sassi da parte di fans cui, per questioni di
sicurezza, non fu concesso di accedere all’ imponente
impianto sportivo e una conseguente carica della polizia,
con tanto di scudi trasparenti e manganelli, non ricordo
se prima o dopo lo spettacolo.
ARRIVANO!
Negli stessi giorni l’ annuncio, a caratteri cubitali,
di “Pop”, il “Melody Maker” svizzero dell’ epoca:
“Arrivano!”
In effetti il 14 aprile del 1967 (foto: ETH Bibliothek
Zurigo) gli Stones, provenienti da Varsavia, fecero
scalo a Zurigo – Kloten per tenere il loro primo,
storico concerto in terra elvetica (pista del ghiaccio
dell’ Hallenstadion).
IL VIDEO DELL’ ARRIVO
A ZURIGO
La polizia – come si vede nel servizio, senza commento,
preso in prestito dagli archivi della Televisione della
Svizzera Tedesca – a fatica contenne l’ esuberanza
dei fans, e, per farlo, dovette ricorrere agli idranti.
LA PIETRA DORATA CHE
“SUSI” REGALÒ A MICK
Nel numero del primo maggio di “Pop”, in quegli anni il
“Melody Maker” svizzero, il resoconto della country
woman zurighese Suzanne “Susi” Klee della
indimenticabile giornata con gli Stones.
«Quando i responsabili della rivista mi proposero di
aggregarmi alla band (che conosceva, essendo stata per
un po’ di tempo a Londra, ndr), – scrisse – pensai a uno
scherzo, ma poi capìi che facevano sul serio, e allora
mi recai all’ aeroporto per accogliere, con giornalisti
e un esercito di fans, il gruppo».
Quale omaggio da consegnargli, “Pop” ideò una
pietra dipinta d’ oro, il “Golden Stone Of Zurich”,
che “Susi” diede a un po’ sorpreso Mick Jagger.
Nel frattempo gli altri erano saliti a bordo di
una limousine. «Mick mi invitò ad andare con loro,
con l’ avvertenza di però fare attenzione a non
rovinare, con il mio peloso mantello, una
giacca vellutata posata sul sedile».
Giunti in albergo, Bill Wyman, «chiese di sistemargli
un po’ i capelli e, quindi, accompagnarlo a fare spese».
Andarono dapprima da un antiquario per acquistare
oggetti per la casa del bassista nel Surrey. In seguito,
nei pressi della stazione, il musicista, ancora oggi
grande collezionista di apparecchi video ed audio,
si procurò una cinepresa e alcune paia di scarpe
per il figlioletto di sei anni.
Seguì una breve conferenza stampa, dopodiché
la cantante tornò in città con Charlie Watts
e Brian Jones per altri acquisti presso la nota
Bob Boutique, nel Niederdorf.
La cena, e quindi
IL (MOVIMENTATO)
CONCERTO
Le fibrillazioni aumentarono all’ interno dell’ impianto
sportivo, dove i dodicimila spettatori iniziarono a
distruggere sedie e a divellere recinzioni, specialmente
per far spazio e ballare. I più esagitati riuscirono a
salire sul palco, per cui le forze dell’ ordine dovettero
nuovamente intervenire.
DUDE E TONI
RICORDANO
A fare da “spalla” agli Stones alcuni gruppi svizzeri:
i Sevens, i Times, il Walti Anselmo Set, i Dogs e
Les Sauterelles, ai tempi la più celebre beat band
svizzera, il cui batterista, Düde Durst, così ricorda
la serata:
«Dopo la nostra esibizione mi fu possibile appostarmi
per alcuni minuti su un lato del palco da dove potevo
vedere l’ intera sala. Questo perché era un palco
particolarmente alto, almeno cinque metri, per evitare
che vi salissero gli spettatori. Uno di loro, però,
riuscì a raggiungerlo e, poco dopo, a far cadere
Mick Jagger.
C’ erano poliziotti ovunque, con i cani, cosa che irritò il
pubblico, nel quale non mancavano le teste calde
intenzionate a fare casino; poche, comunque, buona
parte degli altri fans, quelli sugli spalti, rimasero invece
tranquillamente seduti, sentendo poco o niente, dato
che l’ impianto audio era debole, non minimamente
paragonabile a quelli odierni.
Come non bastasse, a coprire la musica, le urla isteriche
per tutta la durata del concerto. Un fracasso tale da
impedire persino a me, che ero abbastanza vicino
agli Stones, di captare qualche suono in modo chiaro.
Quanto alle sedie, pieghevoli, (alcune di esse, a ricordo
della giornata, sono adesso al Museo nazionale di Zurigo),
al contrario di quanto scrissero i giornali, ne vennero
fatte a pezzi poche. Le rimanenti, come si vede nelle
foto scattate quel giorno, furono semplicemente
ammucchiate in un angolo della pista.
Noi Sauterelles arrivammo all’ Hallenstadion nel pomeriggio
per il soundcheck, che però in pratica non potemmo fare,
semplicemente verificammo che tutto fosse impostato
correttamente. C’ erano pochissimi microfoni,
niente “spie”, monitors.
Poco prima che salissimo sul palco, passai davanti al
guardaroba degli Stones. Vidi il batterista Charlie Watts
attraverso una fessura della porta, ma non mi permisero
di scambiare qualche parola con lui e gli altri
blindatissimi Stones».
Rolf Antener, Düde Durst, Heinz Hernst e Toni Vescoli
Foto: ETH Bibliothek Zurigo
Dal canto suo, Toni Vescoli, fondatore delle Sauterelles,
racconta:
«Eravamo appena rientrati in Svizzera dopo essere
stati per diversi mesi in tour in Italia con i New Dada,
Antoine e un sacco di altra gente. Avevamo il timore
che qui nessuno più si ricordasse di noi, e invece il
pubblico ci riservò un’ accoglienza straordinaria,
un po’ come quando i Beatles tornarono a suonare
a casa loro, a Liverpool…».
Les Sauterelles riuscirono a vedere per alcuni minuti
Jagger, Richards e gli altri prima del concerto:
«Erano lì, tutti e cinque: Mick Jagger, Keith Richards,
Bill Wyman, Charlie Watts e Brian Jones…
Conservo ancora i loro autografi, su una cartolina
del Duomo di Milano che mia moglie aveva nella
borsetta… Curiosamente quel giorno nessuno di
loro aveva con sè foto da autografare.
Ricordo che Jagger mi chiese della scena musicale
svizzera, gli dissi, tra l’ altro, che Les Sauterelles,
come i Rolling Stones, sono nate nel 1962».
LA CONFERENZA STAMPA
SENZA KEITH
Come detto, ci fu anche (foto: ETH Bibliothek Zurigo)
una breve conferenza stampa nel Nightclub “Hazyland”
del Kongresshaus moderata dal giornalista Beat Hirt,
cofondatore della rivista “Pop”. Gli Stones vi parteciparono
con scarso entusiasmo, su pressioni della casa
discografica Decca e senza Keith Richards.
Lo show, nell’ ambito del tour promozionale di “Between
the Buttons”, album trainato dal singolo “Let’s Spend the
Night Together”, durò appena trentacinque minuti.
Mick Jagger
Foto: ETH Bibliothek Zurigo
Foto: Beat Hirt/Sam’s Collection
Questi i pezzi eseguiti: “The last Time”, “Paint It Black”,
“19th Nervous Breakdown”, “Lady Jane”, “Get Off of
My Cloud”, “Yesterday’s Papers”, “Ruby Tuesday”, “Let’s
Spend the Night Together”, “Goin’ Home” e “Satisfaction”.
Il tour cominciò il 25 marzo in Svezia e si concluse il
17 aprile in Grecia. Fu l’ ultimo con Brian Jones
in formazione.
In totale, gli Stones si sono esibiti in Svizzera sedici
volte.
GLI ACQUISTI ZURIGHESI
Foto: Erich Bachmann/Sam’s Collection
Il concerto offrì alla Bob Boutique, facente parte degli
inserzionisti di “Pop”, di assicurarsi ottima pubblicità,
con, in particolare, le foto del bassista Bill Wyman e
del chitarrista Brian Jones mentre escono dal negozio
con gli acquisti in mano.
RONNIE
Sempre il 14 aprile, ma del 1975, Mick Jagger annunciò
che Ronnie Wood dei Faces avrebbe sostituito Mick
Taylor nei Rolling Stones durante il tour in Nord e
Sud America.
Woody (eccomi con lui a Frauenfeld) si unì
ufficialmente alla band nel febbraio dell’ anno
dopo.