Recentemente il sempre pimpantissimo Claudio Benassi
ha pubblicato un imperdibile libro: spunto
in più per un’
INTERVISTINA
TELEFONICA
Claudio, per cominciare, qualche parola sul libro.
“Era da tempo che desideravo scriverlo, raccontare
la storia della band, che è quasi una favola, trasmettere
le sensazioni, le emozioni vissute. Sono felice di
esserci riuscito e che ‘Ragazzi di strada … i Corvi’
sia piaciuto a tantissime persone”.
Perchè lasciaste la casa discografica che vi aveva
lanciato, l’ Ariston?
“Per una questione di soldi. Nonostante avessimo
venduto più di un milione di copie di ‘Un ragazzo
di strada’, al momento di fare i conti i nostri
discografici dichiararono solo un terzo delle vendite.
La stampa ci ha sempre dipinti come individui
‘poco raccomandabili’, ma eravamo
semplicemente anarchici, non disposti a scendere
a compromessi. Quindi, quando l’ Ariston non
ci riconobbe le Royalties dovute, rompemmo il
contratto, procurandoci una causa in tribunale.
Ricorderò sempre le parole di Alfredo Rossi,
il boss dell’ etichetta: ‘Corvi, come vi ho creato,
vi distruggerò’. Noi ci fecimo una risata e
passammo alla Bluebell. Forse non fu una scelta
saggia, ma eravamo così”.
Musicalmente, avete fatto scelte molto interessanti,
in buona parte contro corrente, dando, sembrerebbe,
poca importanza al lato commerciale…
“È così. Ci siamo formati ascoltando
Radio Lussemburgo, a quei tempi fra i trampolini
di lancio della discografia a livello internazionale,
molte nostre scelte sono state influenzate
ascoltando i suoi programmi. In Italia, siamo stati
i primi, se non la prima band in assoluto, a usare,
con l’ aiuto di un tecnico amico, il distorsore.
Insomma, i primi ad avere il sound aggressivo
degli inglesi!”
Nel vostro repertorio non mancano però brani
“soffici”, sognanti. E, persino, a carattere
religioso …
“Per pareggiare. Pur essendo caratterizzati
da un sound grintoso, non ci spiaceva proporre
brani quasi mistici, fra cui ‘Luce’, ‘Quando
quell’ uomo ritornerà’ e ‘Si prega sempre quando
è tardi’, considerati da molti critici fra i nostri
migliori pezzi. Non dimentichiamo, poi, che
i Corvi, nel periodo delle Messe Beat, furono
fra i primi, sempre in Italia, ad esibirsi
in una chiesa, per la precisione quella di
S.Maria della Pace in Parma, con un’ affluenza
straordinaria (la ‘Gazzetta di Parma’ parlò di
tremila persone). A darci un’ importante mano
fu un prete un po’ controcorrente. ‘Quando
quell’ uomo ritornerà’ e ‘Si prega sempre quando
è tardi’ si inseriscono in quel filone, volevamo
proporre qualcosa che interessasse la massa,
ma nel contempo in linea con le Messe Beat”.
La storia continua con un nuova band …
“Sono rimasto solo, ma si continua. Con la
consapevolezza che, nel movimento beat
anni ’60 del nostro Paese, abbiamo lasciato
un’ impronta nuova e diversa,
sento il dovere di portare avanti il nostro nome
e la nostra storia. Ho formato un nuovo gruppo:
Claudio de I Corvi, l’ ultimo ragazzo di strada.
Band composta da bravi musicisti e di
lunga esperienza che condividono il mio progetto,
quello di riproporre gli storici brani del
complesso con sonorità attuali e arrangiamenti
moderni, in linea con la filosofia della band
originale, come se non ci fosse stata
interruzione tra il mondo
di ieri e quello di oggi”.
UN “CORVO”
RACCONTA
Gli eventi socio-politici e culturali che hanno
caratterizzato gli anni Sessanta – scrive il batterista
Claudio Benassi – hanno influenzato e modificato
profondamente valori, aspirazioni e stili di vita.
Sono gli anni dei Beatles e dei Rolling Stones.
Angelo Ravasini ed io suonavamo insieme (nei Gentlemen e,
in seguito, negli Snakes, gruppi di Parma) già agli inizi del
decennio, inevitabile quindi che l’ aria di rinnovamento
affascinasse e motivasse pure noi.
Sognavamo di vivere nuove esperienze musicali, viaggiare,
trasferirci all’ estero, ma poi decidemmo di fondare
un nuovo gruppo, i Corvi, con “Gimmi” Ferrari e
Fabrizio Levati.
Claudio Benassi, Italo “Gimmi” Ferrari, Fabrizio Levati
e Angelo Ravasini
Maggio 1966: partecipiamo al Torneo Rapallo Davoli.
Eravamo giovani, incoscienti, partimmo senza un soldo
in tasca e malvestiti, autentici “ragazzi di strada”. Non
avevamo famiglie ricche, che ci potessero supportare,
ciò nonostante, ci piazzammo secondi nella classifica
finale. Sarà stato per la grinta, per i suoni fortemente
accentuati nella ritmica e nell’ incisività delle chitarre,
per la voce particolare e graffiante di Angelo, colpo
di fortuna!, che ci avvicinò il direttore artistico
dell’ Ariston, dicendoci: “Corvi, vi voglio!”.
Iniziò così la nostra straordinaria avventura.
L’ Ariston ci vestì e “sfamò”. Tentò inoltre di “insegnarci
un po’ di buone maniere e comportamenti adeguati”,
senza però, da questo punto di vista, ottenere
grandi risultati.
Ci propose di incidere “Un ragazzo di strada”, cover
di “I Ain’t No Miracle Worker” dei Brogues, con
cui partecipammo al Cantagiro del 1966. Accettammo,
convinti che il pezzo sembrava fatto
su misura per noi.
Al Cantagiro ci piazzammo all’ ottavo posto, buon
risultato per un gruppo esordiente. “Un ragazzo di strada”
divenne subito il marchio di fabbrica della formazione.
È il brano del nostro repertorio maggiormente rimasto
impresso nella memoria collettiva, unitamente
all’ atteggiamento ribelle e anticonformista
manifestato anche nell’ abbigliamento:
camicie bianche, abiti neri, mantelle nere e rosse
e l’ immancabile Corvo Alfredo appollaiato
sul basso di Gimmi.
L’ immagine crepuscolare e i suoni cupi e distorti hanno
indotto alcuni critici a definirci “il primo gruppo
‘garage’ italiano” e a considerare “Un ragazzo
di strada” il primo vero brano rock d’ Italia.
Non per niente Vasco Rossi ha scelto di eseguirlo
durante il concerto del 1° maggio 2009.
Retro del disco, “Datemi una lacrima per piangere”.
Composto dai fratelli Salerno, è caratterizzato da
un’ introduzione di chitarra distorta, vera novità
per quei tempi.
Nello stesso anno viene pubblicato un altro 45 giri,
“Bang Bang”, cover del successo di Sonny & Cher,
inciso anche dall’ Equipe 84, Dalida e tanti altri.
La nostra interpretazione è però diversa, notevolmente
indurita, scarna, anticipatrice di un certo
suono “hard” .
Poco dopo, in autunno, esce il primo LP, venduto
con accluso il medaglione del corvo e contenente,
oltre i pezzi già usciti come singoli, covers di
brani di Donovan (“Colori” e “Voglio finirla”),
di James Brown (“Resterai”) e altri ancora.
Vinile oggi molto quotato, vista anche
la sua difficile reperibilità.
Nel 1967 è la volta di “Sospesa ad un filo”, che vince
l’ Oscar della canzone italiana. Distorsore e riverbero
inacidiscono il suono in un inedito quadro psichedelico,
anticipatore, con “Datemi una lacrima per piangere”,
della psichedelia modello USA. Retro del 45 è “Luce”,
sognante pezzo, dolce, quasi mistico.
LA PRIMA VOLTA
IN SVIZZERA
Dall’ “Eco di Locarno” del 1 aprile 1967:
Sempre nel 1967, i Corvi incidono “Quando quell’ uomo
ritornerà” e “Si prega sempre quando è tardi.”
All’ inizio del 1968 l’ Ariston fa uscire “Che strano effetto”/
“C’e’ un uomo che piange”, tratti dall’ LP.
Per una questione di diritti, decidemmo di passare dall’ Ariston
alla Bluebell.
Con la nuova etichetta pubblicammo “Bambolina”/ “Nemmeno
una lacrima” e, nello stesso anno, “Datemi un biglietto d’aereo”
(“The Letter” dei Box Tops)/ “Questo è giusto”.
Nel 1969 altro cambio di etichetta, passammo alla RARE
per la quale incidemmo “Ama”/“ No bugie no”.
Poi, è il caso di quasi tutti i gruppi di quegli anni, la formazione,
dopo l’ uscita di Fabrizio e Gimmi, subì diversi cambiamenti,
entrarono ed uscirono vari musicisti. Angelo ed io ci
dividemmo e riunimmo più volte, finchè, nel 1989,
realizzammo l’ album “Hanno preso la Bastiglia”, che,
oltre ai vecchi brani, ne include dei nuovi, come
“Picasso” e “Segni sulla pelle”.
Nel 1996, un CD intitolato “ I Corvi – Il meglio”.
Nel 2000 muore Fabrizio, nel 2006 Gimmi, e, nel 2013,
ci lascia anche Angelo.
Una storia, quella dei Corvi, lunga quasi cinquant’ anni,
di grandi successi, periodi meno esaltanti, di grandi tragedie.
Sono rimasto solo e con il desiderio di portare avanti il nostro
nome e la nostra storia. Ecco perchè, con la consapevolezza che
la nostra presenza nel movimento beat anni ’60 ha lasciato
un’ importante impronta, ho formato un nuovo gruppo:
Claudio de I Corvi, l’ ultimo Ragazzo di strada. È composto
da musicisti di lunga esperienza che condividono il piacere
di riproporre gli storici brani dei Corvi con sonorità attuali
e arrangiamenti moderni, in linea però con la filosofia della
band originale.
Sono: Lorenzo Cavazzini (voce), Pietro Amoretti (chitarra
solista), Mirko Rivara (tastiere), Luca Bonzilli (basso)
e il sottoscritto alla batteria.
Con la nuova formazione, nel settembre 2014 siamo
ospiti del MEI – Meeting Etichette indipendenti –
di Faenza, durante il quale ricevo un premio alla carriera.
Nel 2015 esce il singolo “La strada”.
Il 30 agosto dello stesso anno, a Neviano degli Arduini (PR),
si tiene il 1° Raduno Nazionale per festeggiare con
i fans cinquant’ anni di storia dei Corvi.
Altra tappa molto importante, la partecipazione
a Modena 29 settembre.
Nel 2021 la band è tra i protagonisti di “Parma 2020/21
Capitale della Cultura”.
La storia continua …
LA PAROLA AI CRITICI
Ed ecco alcune considerazioni di critici musicali, giornalisti,
esperti della musica degli anni 60:
“Sicuramente tra i gruppi più innovativi del panorama Beat”
“I Corvi anticiparono una serie di brillanti intuizioni sul
futuro linguaggio musicale, che sarebbero presto
appartenute al mondo del rock italiano”
“Band più rappresentativa del Rock Underground Italiano”
“L’ album ‘Un ragazzo di strada’ è in assoluto
uno dei migliori dischi del Beat italiano”
RACCOLTE
LP (Ariston / Oxford)
LP (Targa Italiana / Orizzonte)
EP (Hiara Records)
CD / Musicassetta (Joker)
LP/CD, Ristampa (On Sale)
EP (Bluebelldisc Music)
IL LIBRO DI CLAUDIO
(Media Print)