Ultimo aggiornamento 4 Novembre 2025
RAGAZZI DI STRADA
Sarà l’ inossidabile “Sognando la California”, cover di “California Dreamin’”
degli americani Mamas & Papas, ad aprire la puntata di domenica di “Non ho l’ età Replay”, in onda dalle 13:00 alle 14:00 su Radio Ticino. Ad eseguirla, però, non
i Dik Dik, bensì i pugliesi Paipers, protagonisti, unitamente al frontman della storica band milanese, dello showcase in programma presso la Sala multiuso di Arbedo mercoledì 12 novembre.
A seguire, i Thin Lizzy con “Dear Miss Lonely Hearts” e George Harrison
con “This Is Love”.
Dipoi:
Santana (“While My Guitar Gently Weeps”), Traveling Wilburys (“Inside Out”), Electric Light Orchestra (“Shine A Little Love”/“Do Ya”) e Proud Mary (“Up Around The Bend”).
Seconda doppietta:
Alice Cooper (“Electetd”/“I’m Eighteen”).
Quindi, un recente brano dei Dik Dik: “Una vita d’ avventura”.

Con Vasco quand’ eravamo … ragazzi di strada.
Foto: Massimo Pacciorini-Job
Altri titoli richiesti dagli ascoltatori con cui è stata confezionata la puntata:
Io e i Gomma Gommas (“Azzurro”), Vasco Rossi (“Un ragazzo di strada”), Dire Straits (“Twistin’ By The Pool”).
“Non ho l’ età” può essere seguito pure televisivamente, sintonizzandosi
su https://radioticino.com/tv/.
RICORDANDO “JOAN LUI”
È andata in onda lunedì, alle 21:20, sul canale Youtube, la prima parte del
docufilm amatoriale, ideato e prodotto dal genovese Andre Repe, destinato a sottolineare i quarant’ anni di “Joan Lui – Ma un giorno nel paese arrivo io di lunedì”, pellicola diretta ed interpretata dal “Molleggiato”.
A impreziosirla, testimonianze di Gianni Dall’ Aglio, batterista dei Ribelli, nonchè, prima che si ritirasse dalle scene, del “Molleggiato”, Maurizio Preti, Renato Casaro, Lorenzo Baraldi e Sandro Forzano.

La seconda puntata sarà in rete lunedì prossimo, 10 novembre. Protagonisti: Miki Del Prete (autore de “Il ragazzo della via Gluck” e “La coppia più bella
del mondo”), io e il comico Mirko Setaro.
La terza parte è in programma per il 17 novembre, sempre dalle 21:20: amici di Repe e fans di Adriano ricorderanno, con immagini del film prese in prestito
dalle loro collezioni, le emozioni vissute (ri) vedendolo.
Il link:
https://www.youtube.com/@drumavhs85
È SEMPRE UN SABATO ITALIANO
Nel 1983 Sergio Caputo esordisce con l’ album “Un sabato italiano”. Il disco ha un enorme successo commerciale e di critica, diventando un evergreen della musica popolare italiana.
A oltre quarant’ anni di distanza dal debutto, “È sempre un sabato italiano” è il racconto che mostra il romano intento a decidere se e come fare un documentario sul disco, riscoprendo quanto è stato fertile il periodo culturale in cui è nato.

Sergio è stato uno dei primi ospiti di “Amici miei”, programma pomeridiano della Televisione della Svizzera Italiana di cui per alcuni anni sono stato uno dei conduttori
Caputo dialoga con una casa di produzione e perlustra i luoghi esistenziali e artistici della sua Roma felliniana, incontrando e discutendo con con tre talent-amici: Valerio Lundini, Ubaldo Pantani e Carlo Massarini. Al termine del suo girovagare e ricordare a voce alta tutti gli elementi della nascita personale e artistica, dà il ciak al documentario, che potrete godervi martedì prossimo, alle 15:25, su RAI3.
METTI UNA SERA CON …
“Lallo” dei Dik Dik ad Arbedo, presso la Sala multiuso.
Evento, come detto, in programma per mercoledì 12 novembre, ideato ed organizzato da “Feedback. Il ritorno della buona musica” con l’ appoggio
del Comune: la storia di uno dei più longevi e amati gruppi italiani raccontata dal cantante della band, l’ ex tastierista Mario Totaro e chi scrive.
Tra aneddoti e musica rigorosamente dal vivo, il pubblico avrà l’ opportunità di rivivere un’ epoca intramontabile attraverso brani iconici, contenuti multimediali evocativi, video e fotografie.

A fare gli onori di casa, con i più bei brani dei Dik Dik, i pugliesi Paipers,
fra le migliori cover band anni Sessanta d’ Italia, che, oltre “Senza luce”, hanno coverizzato un altro pezzone dei più famosi colleghi:
“SOGNANDO LA CALIFORNIA”, IL VIDEO
“LALLO”
Se ben ricordo, ci siamo conosciuti negli anni Settanta, in occasione di un
concerto tenuto dai Dik Dik a Cadenazzo. Un po’ di corsa, per la verità, poiché
la band, conclusa la serata, aveva fretta di ripartire.
Ci siamo ritrovati nei primi Ottanta, in una gremita all’ inverosimile piazza del Sole a Bellinzona, dove avevo organizzato la prima edizione di un esclusivo festival dedicato ai mitici “Sixties”: “Feedback. Il ritorno della buona musica”. Un sogno
che finalmente si avverava: trascorrere una giornata con uno dei gruppi italiani
per cui, dai tempi del Ginnasio, ho un debole, i Dik Dik, in particolare con il loro frontman, dalla quasi sciamanica voce, Lallo.
Voce, va ricordato, che apprezzava e prediligeva anche l’ immenso Lucio Battisti, genio del quale, chi scrive, ha avuto l’ onore e la fortuna di raccogliere – ultimo
al mondo! – pensieri e parole nel corso di un memorabile pomeriggio zurighese.
Lallo, splendido cantante, si. Ma non solo.
Persona, pure, dotata di grande umanità, senso dell’ umorismo e ironia,
dall’ innato desiderio di conoscere e capire il mondo che la circonda, fantasiosa. Uno con cui è facile perdere cognizione del tempo quando sei al telefono o siedi
a un tavolo, che trasmette serenità, allegria, voglia di fare. E che da anni fa parte
di quella cerchia di amici che puoi contare sulle dita di una mano.
Ripensandoci: quanti i bei momenti trascorsi insieme, gli avvincenti progetti realizzati con la sua indispensabile complicità!
Tanto per ricordarne alcuni, i concerti, messi in piedi in mezzo Ticino e sempre caratterizzati dal “tutto esaurito”; fra quelli maggiormente rimasti impressi nella memoria del pubblico, certamente lo spettacolo, ancora in piazza del Sole a Bellinzona, al fianco di Maurizio Vandelli e Shel Shapiro, davanti a quasi
trentamila entusiasti spettatori.
Poi i programmi radiofonici e televisivi (record d’ ascolti alla Telvisione della Svizzera Italiana per il servizietto su Lallo alla ricerca del vinile perduto), nonché
gli showcases (il più recente, ad Ascona, risale al 2019 e vi prese parte anche
l’ ex tastierista Mario Totaro, ora svizzero e affermato pilota).
Artista, Lallo, che altresì continua a (piacevolmente) sorprendere.
Chi l’ avrebbe detto, è anche un talentuoso scrittore, che – a breve distanza uno dall’ altro – è riuscito a sfornare ben tre gettonatissimi gialli, con le intriganti storie degli investigatori privati milanesi Sandri Mattia, alias Ginko, e il suo socio ed amico Carlo Sorrentino, detto il Falco.
Foto: Angela Garro
«La voglia di scrivere – racconta – m’ è venuta durante il periodo del covid. Prima, per la verità, sfogliavo solo fumetti, mi accontentavo delle figure, neppure leggevo il testo. Adesso sono un fiume in piena. A Natale uscirà, sempre per Amazon,
il seguito del mio racconto. I protagonisti sono gli stessi. Ricordo la trama:
Sandri Mattia, alias Ginko, e il socio ed amico Carlo Sorrentino, detto Falco, investigatori privati di Milano, vengono ingaggiati da una nobildonna romana
per scoprire, nel più breve tempo possibile, chi lavora nell’ ombra con lettere anonime e minacce per impadronirsi dei suoi averi. Il duo si trasferisce a Roma
in casa di Matilde, la donna perseguitata e …”. Adesso sto scrivendo il terzo libro, con già in mente il quarto ed il quinto!».
Niente più musica, quindi?
«No, la musica rimane prioritaria, però, come detto, voglio sfornare altri libri,
per puro divertimento. Libri senza pretese, divertenti, da leggere al mare».
E adesso, – finalmente! – un’ altra pubblicazione da leggere tutto d’ un fiato, realizzata con il prezioso apporto di Claudio Sassi: quella che verrà presentata
e potrete acquistare mercoledì ad Arbedo e consentirà di meglio conoscere la storia di una delle colonne portanti della musica leggera italiana e della sua longeva band, l’ imperdibile “Lallo, la voce dei Dik Dik”.
COME AL CAPONE
Da un “Giovani” del 1967, gettonata rivista musicale dell’ epoca:
“Pietruccio dove vai, se il cappello non ce l’ hai?!!! Verso il dixieland e lo stile
anni ’20, a giudicare anche dal nuovi abiti alla Al Capone che Pietruccio e compagni hanno ormai adottato, abbandonando le vecchie divise beat.
Il bassista dei Dik Dik si è tolto per sempre quel cappellaccio alla cow-boy che
era un po’ il suo portafortuna per adeguarsi, insieme agli altri del complesso,
alla corrente musicale che ormai sta riconquistando il settore della musica
leggera. Anzi, si potrebbe addirittura affermare che i Dik Dik sono stati i primi
in Italia ‘sentire’ che ci sarebbe stato questo deciso ritorno allo stile dixieland. Intanto i cinque ragazzi, sulla scia di quel favoloso successo che è stato per
loro “Senza luce” (che tuttora tiene testa nelle classifiche, mentre la versione
dei Procol Harum è in discesa, stanno preparando un nuovissimo disco, che
sarà pronto al lancio entro il mese di dicembre”.

Didascalia: “I Dik Dik hanno cambiato le divise: ora si vestono come Al Capone. E anche musicalmente seguono la nuova corrente dixie”. Foto a destra: Mario Totaro, Sergio Panno, “Lallo” Sbriziolo, Pepe Salvaderi e Pietruccio Montalbetti
Il disco in questione è lo splendido “Inno”, cover di “Let’s Go To San Francisco”, successo di quell’ anno dei Flower Pot Men, disco che però, chissà perché, non vendette più di tanto. Quanto all’ abbigliamento, cui la band ricorse più che altro per realizzare un servizio fotografico, fu presto rimesso negli armadi ….
“Lallo”:
«Fa parte di un album contenente diversi bei brani, alcuni dei quali a sfondo sociale. Il singolo fu pubblicizzato per un po’, ma poi la Ricordi lasciò perdere.
A dire il vero, lo fece anche in seguito, con altri brani meritevoli di lanci adeguati. Ecco uno dei motivi per cui “Inno” fu meno gettonato dei precedenti dischi,
seppure ben coverizzato».
L’ INCONTRO CON GARY BROOKER DEI
PROCOL HARUM
Nel 2015, realizzando un servizio per “Il Quotidiano” della RSI a Bellinzona, feci (ri)incontrare, a distanza di molti anni, Gary Brooker e il tastierista dei Dik Dik Mario Totaro. Al mitico leader dei Procol Harum Totaro consegnò copia della versione italiana di “A Whiter Shade Of Pale”, “Senza luce”, testo di Mogol.
Totaro con Brooker
Gli ho chiesto di raccontare come fu possibile ai Dik Dik, per primi, accaparrarsi
i diritti per la realizzazione della cover italiana dell’ ambitissimo pezzo.
“SENZA LUCE”
“All’ inizio dell’ estate 1967 – ricorda Mario, ora pilota – negli ambienti musicali si favoleggiava di un pezzo inglese che sarebbe stato un travolgente successo.
Ne avevo sentito parlare, senza però la possibilità di ascoltarlo. A quei tempi le case editrici e discografiche acquisivano a caro prezzo l’ esclusiva, il diritto di impedire che il disco originale venisse distribuito in Italia non prima di almeno sei mesi o più dalla pubblicazione. Scopo della costosa procedura consentire la realizzazione di una versione italiana ad opera di artisti facenti parte delle proprie scuderie, con la speranza di raggiungere vendite possibilmente simili o superiori
a quelle del disco originale.
I primi giorni di agosto del 1967, dopo una esibizione pomeridiana in un famoso locale di Ostia con i Dik Dik, diedi un passaggio per Milano ad una ragazza che lavorava alle edizioni musicali Ricordi. Durante il viaggio mi raccontò della
‘guerra’ tra i vari produttori per accaparrarsi il successone e realizzarne una versione italiana da affidare a uno dei solisti e gruppi Ricordi, almeno una
decina, tutti desiderosi di poterlo riincidere.
Fortunatamente, su consiglio del tastierista della band inglese Dave Anthony’s Moods’, Bob Michaels (in quei giorni impegnata con serate al Piper di Milano),
mi decisi ad acquistare un ‘magico’ organo Hammond, simile a quello suonato
da Bob. Era in esposizione presso la ditta Castellini, in via Larga a Milano. Andammo insieme e provarlo. Il prezzo era molto alto, potei acquistare lo strumento unicamente grazie all’ aiuto di mio padre, ormai rassegnatosi al fatto
che suonassi in un complesso di discreto successo. Unica condizione: che continuassi gli studi. Non mi fu però possibile acquistare anche il mitico amplificatore Leslie, che mi avrebbe consentito di ottenere i suoni desiderati,
quelli del disco dei Procol Harum. Va detto che i Leslie arrivavano dagli Stati Uniti con il contagocce e subito venivano venduti. Riuscii ad ottenerne finalmente
uno molto tempo dopo, ma questa é tutta un’ altra storia (anche dal profilo tecnico).
Tornando a quella sera d’ estate, percorrendo la costa tirrenica, la ragazza mi disse che il disco era arrivato in Italia, ma di straforo (i Disc Jockey’s di allora
si procuravano i dischi bloccati all’ importazione per vie traverse, quasi di contrabbando, recandosi in Svizzera o facendoseli spedire). Attraversando la cittadina ligure di Chiavari, vedemmo una bellissima discoteca, decidemmo di entrare per ballare.Dopo alcuni brani, fu la volta del pezzo dei Procol Harum,
con tutta la sua magia creata specialmente dal loro organo Hammond. Fu un momento magico. Che canzone, che sound, una cosa indimenticabile. Roba da pelle d’ oca! Pezzo che per il resto del viaggio verso Milano mi rimbombò nelle orecchie. Capii allora perchè tutti volevano farne una cover. Però ci voleva un organo Hammond, come quello dei Procol, Harum, dalle stesse sonorità.
Alcuni giorni dopo seppi che, i nostri produttori di allora, Mogol e Battisti,
avevano ottenuto che fossimo proprio noi Dik Dik a realizzare il disco che, con
il bellissimo testo di Mogol, divenne ‘Senza luce’. Disco che presentammo al ‘Cantagiro’ ricevendo il disco d’oro.
Copertina del disco e spartito del brano
Per la realizzazione di ‘Senza luce’ andammo in sala di registrazione poco prima
di Ferragosto. Tutto fu fatto in gran segreto, nessuno doveva scoprire che lo stavamo incidendo. Da parte mia, studiai a fondo ogni nota e sfumatura
armonica della parte organistica. L’ esecuzione fu estremamente impegnativa dal momento che la parte d’ organo doveva essere eseguita senza interruzioni
sull’ unica pista disponibile del nastro magnetico. Credo di aver cominciato a suonare dopo cena. Continuavo a fare e rifare perché, di tanto in tanto, incappavo in qualche comprensibile errore o imprecisione. Lucio Battisti fungeva da
direttore artistico in sala di regia, spesso fermandomi e dicendomi di ricominciare. Se ben ricordo, prima dell’ una di notte, riuscii finalmente ad eseguire l’ intera parte senza interruzioni. Dopo una pausa concessami dalla regia, che a me sembrò interminabile, Lucio mi gridò nelle cuffie: ‘Bravo Mastellazio (a quei tempi
il mio soprannome, essendo piuttosto sovrappeso), questa era buona’. Il giorno dopo tornammo in studio per completare la registrazione con l’ aggiunta del
canto.
Quanto alla mancanza dell’ indispensabile Leslie, devo ringraziare il giovane ingegnere del suono Walter Patergnani, che con miracolosi accorgimenti tecnici riuscii a simulare le sonorità del disco dei Procol.
Durante la lavorazione – l’ Italia in quei giorni era in ferie -, vista la segretezza
dell’ operazione, ogni volta che Mogol, Battisti o chiunque altro doveva rispondere al telefono, strumenti e voci si zittivano, questo per evitare che chi stava all’ altra parte del filo ‘fiutasse’ qualcosa.
Mesi dopo seppi che i Procol Harum sarebbero venuti al Piper di Milano.
Essendo un loro super ammiratore, non persi l’ occasione di andare a sentirli
dal vivo. Al Piper mi posizionai proprio davanti a Gary Brooker, guardando e ascoltando con molta attenzione: la band aveva veramente una gran classe! Ovviamente non fu facile seguirli bene, in quanto nel locale c’ era una ressa incredibile. I Procol Harum, poi, suonavano sulla pista da ballo. Non ho mai
capito perché non fossero su uno dei due palchi del locale. Serata comunque emozionate, durante la quale mi guardai bene dal presentarmi, tanto meno scambiare qualche parola con qualcuno del complesso. Finito il concerto, sgattaiolai tra la folla con le orecchie in cui rimbobava il pezzo che avevo appena ascoltato. Mi sentivo un po’ colpevole, quasi un ladro, per aver copiato nei
dettagli l’ opera della band inglese.
Pochi sanno che, dopo il successo di ‘Senza luce’, avremmo voluto rimanere
nello stesso ambito musicale incidendo la versione italiana di un altro grande successo dei Procol Harum, ‘Homburg’, ma le trame editoriali fecero sì che il
pezzo venisse affidato ai Camaleonti”.
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