Ultimo aggiornamento 25 Giugno 2025
IN THE ARMY NOW
Cinquantaquattro anni fa, più o meno di questi tempi, iniziava per migliaia di ventenni svizzeri la Scuola reclute. Fra di loro pure il sottoscritto, arruolato nelle truppe di trasmissione come soldato radio e spedito a Thun.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare e nonostante qualche fastidiosa marcia, fu divertente.
Con la fedele Jeep, alla guida di un mezzo corazzato, in assetto di guerra e a zonzo per la Svizzera (sotto la pioggia)
Si, perché, trascorsi la leva a bordo di un paio di Jeep (“Willys”, come quelle usate in Vietnam, la prima che mi fu assegnata), percorrendo in lungo e in largo la Svizzera tedesca e parte di quella francese. Senza rinunciare, seppure in divisa e solo quando possibile, a curiosare nei negozi di dischi casualmente incontrati strada facendo.
Fra i tanti vinili acquistati in quel periodo, che ancora gelosamente custodisco, ci sono – si parla dei singoli – “Strange Kind Of Woman” dei Deep Purple, “Brown Sugar” degli Stones, “It Don’t Come Easy” di Ringo Starr, “My Sweet Lord” di George Harrison, “The Seeker” degli Who e “Vendo casa” dei Dik Dik.
Quanto ai brani ascoltati durante i congedi, ne ricordo due in particolare, poiché in tema (perfettamente, il primo) per quei giorni:
“LIBERA USCITA”
di Gino Santercole, artista del Clan Celentano, nonché nipote di Adriano, e
“I Have Decided To Join The Air Force”, dallo splendido album “Idea” dei Bee Gees.
I BEATLES A MILANO
Gianni Dall’ Aglio: “C’ ero anch’ io!”
Sessant’ anni fa, invece, sempre di questi tempi, i Beatles arrivavano in Italia per un breve tour. Prima tappa Milano, a seguire Genova (26 giugno, un’ esibizione pomeridiana e una serale ) e Roma (27 e 28 giugno, idem).
Ad accoglierli al Vigorelli anche il batterista Gianni Dall’ Aglio, che così ricorda
quel giorno:
e il fraterno amico Natale Massara (a quei tempi sassofonista dei Ribelli, ndr)
per il concerto pomeridiano dei Beatles!
di immortalare l’ evento. Le immagini del mio filmato sono state trasmesse molti anni dopo con l’ autorizzazione del sottoscritto in un programma di Michele Bovi, giornalista, autore e scrittore di successo.
fatto che il sound fosse identico a quello del disco che avevo consumato.

di “Obladì Obladà” e “Oh! Darling”, di beatlesiana memoria, nonché “Goodbye”
di Mary Hopkin (scritta da Lennon/McCartney).
“Give Me Love” di George Harrison.
I DISASTRI DI NAPOLEONE E AMICI
(secondo Adriano Celentano)
Fa parte dei (pochi) brani di Adriano Celentano che a me non sono mai piaciuti,
ma ritengo interessante dedicargli un po’ di attenzione perché il testo, con
qualche modifica, potrebbe risultare di grande attualità, visto l’ aria che tira.
A destra, singolo promozionale per i juke box
Sto parlando di “Napoleone, il cowboy e lo zar”, contenuto nell’ album, del 1968, “Adriano Rock” e cover di “Thirteen Women (And Only One Man in Town)” di
Bill Haley.
Il “Molleggiato” mentre incide (in mutande, colpa del fisco) i pezzi di “Adriano Rock” e, a destra, nella residenza di Asiago con me impegnato
in un animato scambio di pareri (foto di Massimo Pacciorini-Job)
Brano ripescato nel 1991 con il titolo “L’ uomo di Bagdad, il cow-boy e lo zar”
e facente parte della “tracklist” dell’ ellepì “Il re degli ignoranti” del 1991.
Se prima i presidenti delle due superpotenze statunitense e sovietica erano contrapposti al presidente francese Charles De Gaulle, protagonista della Guerra Fredda, nella nuova versione il terzo ago della bilancia è costituito dal defunto
rais iracheno Saddam Hussein, a quel tempo impegnato nella Guerra del Golfo.
Adesso il ventaglio di possibilità è diventato più ampio e variato.
Fra le più meritevoli “new entries”: il criminale Benjamin Netanyahu, il folle Ayatollah Khamenei, l’ opportunista e non meno pericoloso Xi Jinping.
Allegria!
Strano questo sogno
È un’ ora di paura E la gente lo sa C’ è chi piange con me C’ è chi prega perché La decisione è in mano a quei tre
Fredde facce di cera Che non parlano più In quel triangolo c’ è La nostra vita che Oscilla appesa, appesa al cuore dei tre
Napoleone punta il cannone dritto sul cowboy E c’ è una lunga lama che brilla in mano dello zar E la pistola del cowboy Ha completato quella scena a tre Chissà, chissà se domani per noi Il sole splenderà
Il cielo blu si fa nero e la guerra verrà Ma ad un tratto dall’ alto In mezzo al nero che c’ è Si accende un raggio sopra quei tre Viene da una finestra Quello sguardo d’ amor E su quella città Vestito in bianco c’ è Un uomo che la pace porterà
Di gioia piange tutta la gente Che felicità Salva è finalmente tutta la città
Non sono nemici più quei tre E la paura se ne va Chissà se il mio sogno potrà Cambiare la realtà
I ROKES
Qualche riga mi sembra interessante spenderla pure per “28 giugno”, penultimo singolo dei Rokes, quelli di “Che colpa abbiamo noi”.
Pezzo da alcuni critici considerato meritevole di particolare attenzione, specialmente nella versione live, grazie all’ assolo finale del chitarrista Johnny Charlton.
Nonostante non sia fra i migliori prodotti da Shel Shapiro e soci, ottenne successo al “Cantagiro 1969”, famosa gara canora itinerante dell’ epoca.
Al singolo avrebbe dovuto fare seguito un album inciso in pubblico intitolato
“Due ore con i Rokes”, progetto che la casa discografica RCA, però, abbandonò.
I preziosi nastri, per la gioia degli ancora tanti fans del gruppo, sono stati
recuperati nel 2016 dall’ etichetta specializzata On Sale Music per pubblicare
un imperdibile – ed ora non più facilmente reperibile – doppio cd.
Buona parte di questa trentina di pezzi sono contenuti anche nel cd realizzato
nel 1993 dalla rivista “Raro!” con BMG Ariola intitolato “Dal vivo al Teatro
Parioli 1969”.
Con il frontman dei Rokes Shel Shapiro, rispettivamente a Grono, Verona, Comano e Bellinzona (“Feedback 1994”)
Scrive il direttore del mensile, Fernando Fratarcangeli:
“All’ inizio del 1969, i Rokes tennero una serie di esibizioni dal vivo per promuovere l’ uscita del loro ultimo singolo «Ma che freddo fa» presentato qualche mese
prima a Sanremo. Due di questi spettacoli furono tenuti a Roma al teatro Parioli. Shel Shapiro, Johnny Charlton, Mike Rogers e Bobby Powell, proposero due ore
di spettacolo davanti a un vasto pubblico di fans.
Dallo show doveva essere tratto un album dal titolo «Due ore con i Rokes».
La scaletta del concerto prevedeva brani originali oltre a hits internazionali presi dal repertorio di artisti affermati. Così, oltre a «È la pioggia che va», «Ascolta
nel vento», «Un’ anima pura», «Ricordo quando ero un bambino», «28 Giugno»
e «Cercate di abbracciare tutto il mondo come noi», troviamo presenti brani
dissimili tra loro per stile e atmosfera come il folk di «Blowin’ in the wind» di
Dylan, «Les Feuilles mortes», «Don’t be cruel» di Elvis Presley e «Georgia on
my mind», cavallo di battaglia di Ray Charles. Non mancano altre riletture
originali come quella «Hey Joe» di hendrixiana memoria, «Yesterday» di
Lennon-Mc Cartney e «Apache» degli Shadows.
È doveroso sottolineare che questo compact non propone l’ intero concerto
poiché, col tempo, alcuni brani hanno subito un deterioramento tecnico per cui
è stato impossibile inserirli. Tra le canzoni escluse, «With a little help from my friends», «Exodus», «Stille Nacht».
«Dal vivo al Teatro Parioli» resta comunque un documento di estremo interesse storico testimone, in una dimensione forse più vera, del periodo d’ oro del beat italiano”.
Nel corso della sua attività la band, all’ epoca etichettata come “I Beatles italiani”, ha venduto più di cinque milioni di dischi e inciso diciassette 45 giri e cinque album.
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Alla prossima … siateci!
Giorgio