Ultimo aggiornamento 20 Febbraio 2025
INTRAMONTABILI “SIXTIES”
A grande richiesta, nuova, frizzante puntata dedicata agli anni Sessanta, brani che raramente o mai avete possibilità di ascoltare alla radio.
Protagonisti solisti e gruppi britannici ed americani, a cominciare dai Dave Clark Five, che vi danno la carica con “Can’t You See That She’s Mine”, loro quarto disco d’ oro.
Londinesi come i Dave Clark Five anche i Kinks, fra i cui più gettonati successi c’ è la meravigliosa “Sunny Afternoon”, in Italia coverizzata dai Nuovi Angeli con il titolo “L’ orizzonte è azzurro anche per te”.
A proposito dell’ Italia, ai tempi la reincisero i Dik Dik con il titolo “L’ esquimese” (testo di Mogol), ma a lanciarla a livello internazionale furono i Manfred Mann. Sto parlando di “Mighty Quinn”, dal repertorio di Bob Dylan e coverizzata, molti anni dopo, anche dai nostri Gotthard.
Gruppo beat della prima ora, guidato dal cantante Peter Noone, fra i più apprezzati portabandiera della cosiddetta British Invasion, quelli che, con Beatles e Rolling Stones, nei primi anni Sessanta si ritrovarono ad influenzare musicalmente l’ America, anziché, come era successo fino a quel momento, dalla stessa essere influenzati: gli Herman’s Hermits.
Il secondo brano che ascoltate è la loro versione di “Luglio” di Riccardo Del Turco. Una chicca …
Herman’s Hermits (Wonderful World) e (Something Is Happening).
Dopo gli Hermits, i Tremeloes, particolarmente apprezzati per le loro doti vocali, con un successone, “Silence Is Golden”, che all’ epoca incisero anche in versione italiana con il titolo “E in silenzio”.
Prima di passare all’ America, altra band inglese, i Moody Blues, anch’ essi fra i protagonisti della British Invasion, partiti dal R&B per in seguito convertirsi al rock psichedelico e, più tardi, a quello progressivo. Vi deliziano con “Go Now”, lanciata dalla cantante Bessie Banks nel gennaio 1964 e da loro reincisa poco dopo.
Seconda doppietta della puntata: i Creedence Clearwater Revival con l’ inaffondabile “Proud Mary” e “Down On The Corner”, pezzo, questo, dall’ album “Willy and the Poor Boys” (sul retro, altro titolo di successo, “Fortunate Son”).
È poi la volta degli australo-britannici Bee Gees, con uno dei più bei pezzi incisi agli inizi della carriera, “Holiday”. In Italia, “Loro sanno dove” dei Satelliti e Maria Luigia, artista del Clan Celentano.
Si tornerà negli States con i Byrds, fra gli alfieri del folk rock, che divennero molto popolari specialmente grazie alla loro cover di “Mr. Tambourine Man”, scritta da Bob Dylan. Il pezzo che ascoltate, “I’ll Feel A Whole Lot Better”, fu coverizzato sia in inglese che in italiano da un gruppo svizzero, Les Sauterelles di Zurigo, i Beatles elvetici, con il titolo “Senza te”.
A seguire, gli immensi Beach Boys, come i Tremeloes, dagli inconfondibili impasti vocali, con uno dei loro più celebrati capolavori, “Good Vibrations”.
Parentesi vagamente psichedelica con i Grapefruit, lanciati dalla Apple dei Beatles, e gli americani Lemon Pipers, fra i gruppi portabandiera della cosiddetta bubble gum music, la musica senza pretese. Per quanto concerne i Grapefruit, fu John Lennon a dare loro questo nome, prendendo spunto dal titolo di un libro scritto dalla futura moglie Yoko Ono, appunto intitolato “Grapefruit”.
Questi i brani: Grapefruit (Dear Delilah), Lemon Pipers (Green Tambourine).
In una puntata dedicata agli anni Sessanta non possono mancare Rolling Stones e Beatles, eccoli allora con, nell’ ordine, “Lady Jane” e “Day Tripper”.
Fra i pezzi sfornati ai tempi dei figli dei fiori, quelli del cosiddetto Flower Power, c’ è la splendida “San Francisco” di Scott McKenzie, in Italia un felice rifacimento di Bobby Solo.
A “San Francisco” fa seguito “Simon Says”, successone planetario dei 1910 Fruitgum Company, reinciso, fra i tanti, da Giuliano e i Notturni e Mal dei Primitives, rispettivamente con il titolo “Il ballo di Simone” e “Semplicissimo”.
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