IN DISCOTECA CON ADRIANO
La foto è tratta da un ritaglio di giornale, reperito casualmente, del 1981, anno in cui, con una troupe della Televisione della Svizzera Italiana, mi recai a Ludwigshafen am Rhein, città della Renania-Palatinato, in Germania, per il lancio della versione tedesca de “Il bisbetico domato”, film con protagonisti Adriano Celentano e Ornella Muti.
Splendida occasione per trascorrere un paio di indimenticabili giornate con il “Molleggiato”, la popolare coppia di registi e sceneggiatori Castellano & Pipolo e alcuni amici del mitico Clan.
Il pezzo trainante della colonna sonora: a sinistra, copertina per la Germania, destra, l’ etichetta italiana
IL TRAILER DI “DER GEZAEMTE WIDERSPENSTIGE”. “CLIC” QUI
Ricordo in particolare la serata in discoteca, organizzata dalla casa distributrice della pellicola, durante la quale Adriano mandò in visibilio ragazze e ragazzi improvvisando un ballo con una splendida modella (non si sa ingaggiata da chi), nonchè l’ intervista concessami dopo la visione di “Der gezämte Widerspenstige”.
All’ uscita dal cinema, al ragazzo della via Gluck chiesi che effetto avesse fatto sentirsi doppiato in tedesco. “Mi è sembrato di essere un tedesco, anzi, adesso, guardandoti, uno svizzero tedesco!”, rispose.
L’ INTERVISTA
Eccone una parte:
Nell’ ultimo decennio hai sapientemente dosato i concerti: temi la folla, o vuoi evitare di stancarla?
•No, no. La ragione principale è che ho paura della folla. Quando si va in uno stadio dove ci sono quaranta/cinquantamìla persone, è pericoloso. Pensa, a Napoli, tempo fa, ce n’ erano addirittura settantamila! Così, ci vado piano con i concerti. E’ per quella cosa lì che lo faccio”.
“No. Non ce l’ ho, soltanto che il tempo che ho è quello, lo dovrei essere in quattro, quattro Adriani Celentani. In tal modo accontenterei tutti. Mi manca il tempo per arrivare dappertutto”.
“E’ facile, se riesco a trovare il tempo, mi piacerebbe fare un libro e pure un quadro”.
“I collaboratori sono importanti, soprattutto se con loro c’ è intesa anche di amicizia … le cose vengono più spontanee. Però questo è un po’ una caratteristica che fa parte di ciò che io intendo come un gioco, il lavoro che faccio. Finora sono stato fortunato a capire l’ aria che tira”.
“Ho paura degli ascensori, dell’ aereo e anche della nave, quando fa un tragitto lungo».
“Beh. sono un po’ restio a spostarmi, devo dire la verità. Eh… la Germania è più vicina, c’ è un treno abbastanza comodo, che attraversa poche gallerie… e, allora, ecco perchè. Però sono andato pure in Francia, in Austria… Si, dovevo andare pure in Inghilterra, ma ho rimandato”.
QUANDO ASCONA ERA ASCONA
Già che ci siamo, ecco altri , a mio avviso, interessanti ritagli di giornale che avevo dimenticato, pure essi casualmente ritrovati, sempre dell’ “Eco di Locarno”, trisettimanale con cui per alcuni anni ho collaborato. Riguardano il concerto tenuto da Johnny Hallyday ad Ascona il 22 agosto del 1970, cui pure io assistetti in qualità di inviato del quotidiano “Il Dovere” (scrissi un articolo intitolato “Caro, violento Johnny Hallyday. Quando un uomo diventa un mito”) e organizzato da Tito Bassi e Georges Frey della BAF, agenzia che all’ epoca portò nel Ticino altri spettacoli di popolari artisti.
Con il francese, in quell’ occasione, un’ orchestra di nove elementi e l’ allora moglie Silvie Vartan (che tornò tempo dopo, ma senza marito).
Düde Durst è il secondo da sinistra
Quanto ai Krokodils (sic!), ossia i Krokodil del batterista Düde Durst, erano e rimangono la più importante prog band della Svizzera.
LA SERATA CON I “PORTOGHESI”
Dall’ “Eco di Locarno” del 25 agosto 1970, a firma Gg:
“Malgrado il richiamo indiscutibile che il nome di Johnny Hallyday costituisce non solo per la gioventù quale fenomeno musical-canoro della nostra epoca non ci si attendeva tanta valanga di pubblico allo spettacolo organizzato sabato scorso nel vasto piazzale presso le Scuole comunali.
I mille posti a sedere erano occupati: oltre un centinaio di persone sono rimaste in piedi pur di non mancare la serata ed almeno altre duecento costituivano l’ esercito dei ‘portoghesi’ arroccati sui piani di una casa in costruzione, arrampicati su alberi o stanziati nelle vicinanze del piazzale: questi ultimi si contentavano di udire e non vedere.
Il successo dunque, dal punto di vista spettacolare e di richiamo turistico, è innegabile. Mai si era vista ad Ascona una simile massa per uno spettacolo a pagamento in ambiente chiuso.
Positiva manifestazione dunque: altro elemento non trascurabile il richiamo esercitato sulla gioventù. Essa costituiva la parte preponderante del pubblico, quella che certo ha goduto di più delle esibizioni di Johnny Hallyday, che ha compiuto una esperienza finora impossibile nel nostro piccolo mondo di provincia.
La serata è iniziata con ritardo sull’ orario annunciato: la prima parte dello spettacolo era riservata al complesso dei ‘Krokodils’ (sic!) che non si può dire abbiano soddisfatto il pubblico. I musicisti volevano essere originali a tutti i costi, conquistare il pubblico piuttosto con i loro atteggiamenti che con la loro valentia musicale (tipico esempio quello del capelluto che accordava, bene in vista, un esotico strumento – probabilmente un sitar, ndr – che poi non è stato suonato). Il complesso ha eseguito tre brani uno dei quali è durato ben venticinque minuti non sempre deliziando i timpani. In ogni modo i Krokodils (sic!) sono esponenti validi del nuovo indirizzo musicale: il pubblico li vaglierà poichè esso è in definitiva il giudice migliore e implacabile.
Johnny Hallyday, terminata la esibizione dei Krokodils (sic!), si è fatto attendere. E’ una piccola malizia dei divi: impreziosirsi, farsi desiderare: si comincia così a dominare il pubblico e in questa tattica Johnny ‘il bello’ ci sa fare.
Il cantante, scortato da un complesso di nove elementi, mitragliato dalle luci psichedeliche, ha dato spettacolo per un’ ora e un quarto circa. Non si è lesinato, è vero, ma non ha neanche offerto quelle scatenate esibizioni che hanno mandato in visibilio altre platee. Non ha rotto chitarre, non si è contorto a terra: ciò non gli ha impedito di sudare abbondantemente, di dimenarsi come una ballerina orientale di ‘jongler’ con il microfono.
Le sue indubbie virtù canore, espressive (veramente potenti) bastano in ogni modo a qualificare l’ artista. Il pubblico ha applaudito senza però eccedere in manifestazioni di frenesia e di isterismo. Forse Hallyday, vecchia volpe del palcoscenico, ha intuito la riservatezza, l’ equilibrio dei presenti ed ha evitato esibizioni troppo azzardate. E, secondo noi, ha fatto bene.
Serata positiva, questo lo confermiamo, con la quale si dimostra che è possibile attrarre la massa degli spettatori se l’ offerta dello spettacolo è valida”.
Dal canto suo, l’ amico Tito Bassi, che da anni vive in Guatemala, ricorda:
“Cenai con Johnny e alcuni amici presso l´Hotel Elvezia. Simpatico, antitesi del personaggio sfottente sulla scena. Mai dimenticato l´ aver ammesso, da parte sua, alla toilette, che prendeva pastiglie per sudare a fiotti, un’ esigenza delle sue ammiratrici, che volevano essere intrise di sudore nell’ abbracciarlo durante e alla fine del concerto”.
“LET’S DANCE”
Chris Montez (Let’s Dance)
A seguire, due peperine di colore:
Shirley & Company (Shame Shame Shame), Betty Wright (Shoorah! Shoorah!)
Il francese Laurent Voulzy con un cocktail di pezzoni Sixties, dai Beatles ai Beach Boys.
Laurent Voulzy (Rockollection Part 1)
Quindi:
Commitments (Mustang Sally), Ringo Starr (It Don’t Come Easy), Ringo Starr (Back Off Boogaloo), Who (Baba O’Riley), Frankie Miller (Darlin’), Francesco Gabbani (Svalutation), Asia (Heat Of The Moment)
Parentesi svizzera con i sempre grintosi Gotthard. Il primo dei due pezzi che ascolterete/vedrete fa parte del repertorio degli inglesi Hollies e, ai tempi, fu tradotto in italiano dai Ribelli con il titolo “Il vento non sa leggere”.
Gotthard (He Ain’t Heavy, He’s My Brother), Gotthard (Feel What I Feel)
Brano contro l’ omofobia:
Pooh (Pierre)
Ancora rock and roll con
Johnny Rivers (Rockin’ Pneumonia & The Boogie Woogie Flu)
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Alla prossima e … siateci!
Giorgio